Delitto Garlasco, i giudici: "Stasi ha ucciso Chiara Poggi ma il movente resta sconosciuto"

Depositate le motivazioni della sentenza di condanna a 16 anni di Alberto Stasi nel processo di secondo grado

Delitto Garlasco, i giudici: "Stasi ha ucciso Chiara Poggi ma il movente resta sconosciuto"

Un delitto senza movente ma dal colpevole sicuro. ​Chiara Poggi era diventata per il suo fidanzato Alberto Stasi una presenza "ingombrante e inutile", un ostacolo tanto per le sue ambizioni di bocconiano in carriera quanto per le sue perversioni da pornografo compulsivo​: ma questo non basta a spiegare perché la mattina del 13 agosto 2007 bussò alla porta della sua villa a Garlasco, dove sapeva perfettamente che la ragazza era da sola, perché era stato con lei fino a tarda sera.
​Ma è sicuro che Alberto la uccise. La uccise, e trascinò il corpo per le scale. Miracolosamente, riuscì a non lasciare traccia. Poche ore dopo tornò sul luogo del delitto, finse di trovare il corpo, lanciò l'allarme. Ma paradossalmente proprio l'assenza di tracce - anche quelle che inevitabilmente avrebbe portato addosso quando tornò nella villa dei Poggi - dimostrano la colpevolezza di Stasi.

Sono queste le motivazioni con cui la Corte d'assise d'appello, ribaltando le sentenze di primo e secondo grado, è arrivata a condannare Alberto Stasi a sedici anni di carcere per l'uccisione della propria fidanzata. Su uno dei casi di cronaca nera più controversi degli ultimi anni piombano ora le 150 pagine con cui Barbara Bellerio, presidente della Corte che riaffrontò il processo dopo che le assoluzioni erano state annullate dalla Cassazione, spiega perché "aldilà di ogni ragionevole dubbio" è provato che ad uccidere Chiara fu lui, Alberto. Le profonde lacune delle indagini compiute nel corso delle indagini preliminari sono state colmate, secondo la Corte, dalle indagini supplementari che il sostituto procuratore generale Laura Barbaini ha compiuto in occasione del nuovo processo. Sono state queste indagini a incastrare Stasi. Grazie alla nuova perizia sui gradini di casa Poggi, che hanno ridotto a percentuali infinitesimali le possibilità che Stasi non si fosse sporcato le scarpe; all'analisi dei tappetini dell'auto dell'imputato.

"I risultati della perizia escludono il passaggio di Stasi dal luogo del delitto nei termini da lui forniti". Secondo la Corte, già dall'esame della scena del crimine si ha la certezza che a uccidere Chiara sia stato qualcuno che la conosceva bene. "Chiara non si è difesa e non ha reagito affatto" e la stessa direzione dei colpi testimonia "un rapporto di intimità scatenante una emotività". "La dinamica dell'aggressione dimostra come Chiara non abbia neppure avuto il tempo di reagire, dato che pesa come un macigno sulla persona con cui era in maggiore e quotidiana intimità".

Altri possibili colpevoli, d'altronde, non ce ne sono: "La vittima era una ragazza riservata e prudente che non aveva ampie frequentazioni". L'alibi di Stasi, scrive il giudice Bellerio, non è incompatibile con l'ora del delitto accertata dalle perizie. E non è inverosimile che subito dopo Alberto sia tornato a lavorare tranquillamente al pc: "Sono innumerevoli i casi di cronaca in cui efferati assassini hanno continuato normalmente le loro attività". "Indubbie incongruenze e illogicità" presenta il racconto di Alberto, quando dice che dopo avere scoperto Chiara esanime non si avvicinò al corpo, limitandosi a chiamare il 118.​ E se la caccia alla bicicletta dell'assassino è rimasta senza risultato, è acclarato che "l'imputato pssedesse anche scarpe della medesima marca e della medesima taglia usata dall'aggressore".


Quanto al movente, anche se è "davvero difficile immaginare che Chiara potesse apprezzare il contenuto di alcune cartelle accuratamente nascoste e catalogate dal fidanzato", e le ambizioni di carriera di Alberto mal si conciliavano con le speranze di Chiara di avere un rapporto più stretto e frequente, ciò nonostante i giudici si arrendono: "Il movente dell'omicidio è rimasto sconosciuto".

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