Quello denominato “Eternit bis” è un processo che dura da diciotto anni, senza che si riesca ad arrivare a una sentenza definitiva. L’ultimo e clamoroso epilogo si è consumato nei giorni scorsi, quando l’udienza della corte d’appello è stata rinviata al prossimo 29 novembre. Il motivo è paradossale: la chiavetta usb che conteneva tutto il materiale processuale era vuota e, quindi, non si è potuto procedere. Non si sa se il dispositivo si è danneggiato o è stato manomesso. Resta il fatto che si dovrà ricominciare daccapo nella raccolta degli atti che accusano di omicidio colposo l'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny. Il proprietario di Eternit nel filone di processo di competenza del tribunale di Torino era stato condannato, in primo grado, nel 2019, a quattro anni di reclusione e al risarcimento economico in favore delle famiglie delle persone decedute.
L’accusa di omicidio colposo plurimo, come riporta il quotidiano Libero, è caduta sulle spalle di Schmidheiny in seguito al decesso per mesotelioma pleurico e asbestosi, malattie provocate dall’esposizione all’amianto, di un ex dipendente e di una cittadina di Cavagnolo, una cinquantina di chilometri a est del capoluogo piemontese, sulle colline del Monferrato, dove si trovava uno degli stabilimenti Eternit. Il Pm, all’appello, aveva chiesto la conferma dei quattro anni di carcere, ma la pendrive ha fatto saltare tutto. La vicenda Eternit è molto complessa ed è stata divisa in quattro filoni processuali per le centinaia di morti sospette per tumore probabilmente contratti negli stabilimenti dell’azienda svizzera.
Schmidheiny ha sempre minimizzato, dichiarandosi non colpevole fin dall’inizio. Ma, il 23 maggio 2019, il tribunale di Torino l’aveva condannato a quattro anni di reclusione per omicidio colposo. Poi, il ricorso in appello, con il colpo di scena della chiavetta usb fuori uso. Gli altri filoni processuali, intanto, vanno avanti.
A Novara è ancora in corso il dibattimento in primo grado, mentre a Napoli, c’è stata la condanna a tre anni e sei mesi di carcere per il magnate di Eternit. Secondo l’accusa, l’amianto avrebbe provocato la morte di un operaio della sede di Bagnoli. Ci sono poi i casi di Casale Monferrato e di Reggio Emilia, per i decessi avvenuti nella fabbrica di Rubiera.
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