Con la "cimice asiatica" non si può scherzare: il tagliando dei danni procurati da questo insetto, che è comparso dalle nostre parti sul gong degli anni 90', assomiglia a un disastro economico-naturale: si superano i 350 milioni, secondo calcoli riconosciuti, derivanti da attacchi ad alcune tipologie di coltivazioni fruttifere italiane. Spicca, tra le varie regioni costrette ad affrontare una situazione davvero gravosa, l'Emilia Romagna che non potrà contare su circa la metà del raccolto. Quello che ogni anno viene messo in conto. Trattasi, insomma, di un fenomeno che incide sulle casse di molti attori del settore. Per non parlare delle nostre tavole, che saranno private soprattutto di pesche, kiwi e pere.
L'edizione odierna de Il Sole 24 Ore ha reso noto come la statistica di sopra, quella sui 350 milioni, possa essere considerata ufficiale: il pallottoliere di questa piaga è stato presentato al neo ministro dell'Agricoltura in quota renziana, Teresa Bellanova, che è anche la rappresentante per Psi-Italia viva nel Conte bis. Non sono numeri tirati a caso, insomma. Le modalità di azione della cimice asiatica sono presto dette: l'insetto non usa fare eccezioni, mirando invece a tutto quello che proviene dalle piante della frutta. E così viene buttato fuori dal mercato sia quello che può essere rinvenuto sulla terra, un processo che la Xyella del Nord coadiuva in maniera continuativa, sia quello che rimange appeso ai rami. La cimice rende nero ciò che nero non è.
Questa cimice, che è chiamata pure "mormorata", non opera insomma alcun distinguo. Serve una contromisura. C'è un'evidenza comune. Si sta ragionando di un fondo straordinario, uno di quelli in grado di tamponare lo stato delle cose, ma il ministro del Belpaese potrebbe anche optare per altro: "Noi - ha dichiarato poco fa la Bellanova, come si apprende dall'Agi - dobbiamo dare una risposta più strutturale, dobbiamo uscire dalla logica dell'emergenza". Possibile, quindi, che venga presentato un macro disegno. Dalla Coldiretti, invece, giunge un allarme: "Le cimici stanno attaccando le piante a macchia di leopardo: in un frutteto può succedere che si trovino sugli alberi centrali, non ci siano su quelli vicini e ricompaiano su altri a decine di metri di distanza.
I frutti vengono bucati e non possono essere più utilizzati". L'appunto degli agricoltori - stando a la Lapresse - interessa il quadro della Valtellina.Non c'è tempo per tentennamenti di sorta: questo sembra visibile a chiunque.
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