Colpo al cuore di Napoli. Persi 100 milioni Ue

Nove anni di tempo per una serie di interventi che non richiedevano altro che organizzazione, ma che in cambio avrebbero portato ad una rinascita della Napoli popolare e a centinaia di posti di lavoro in un territorio che ne ha bisogno come il pane

Colpo al cuore di Napoli. Persi 100 milioni Ue

È proprio vero, questo è un Paese da gioco delle parti, in cui ognuno mantiene la scena soltanto quando accade qualche disgrazia, che poi disgrazia si rivela non essere. «Prevenire» è un verbo rimosso dal vocabolario delle classi dirigenti italiane e la storia recente ce l’ha spesso insegnato. Così come lo indica distintamente una storia che viene da Napoli e dal suo meraviglioso centro storico, uno dei più unici al mondo. Atmosfera, mistero e cultura: sono gli ingredienti del cuore pulsante della città, che come in un’ampolla di vetro avvolge storia e tradizione orale. Ma, appunto, è un involucro fragile, che subisce il deterioramento del tempo e degli uomini. Proprio per far tornare allo splendore il centro antico partenopeo, nel lontano 2007 l’Unione Europea e l’Unesco avevano stanziato 100 milioni di euro destinati alla sua riqualificazione. La scadenza era il 31 dicembre del 2015, data ormai alle porte. Nove anni di tempo per una serie di interventi che non richiedevano altro che organizzazione, ma che in cambio avrebbero portato ad una rinascita della Napoli popolare e a centinaia di posti di lavoro in un territorio che ne ha bisogno come il pane. Ecco, in tutti questi anni praticamente nulla si è fatto: dei 28 progetti nel mirino della rivalorizzazione solo tre verranno ultimati e in totale sono stati aperti soltanto nove cantieri. La conseguenza naturale è soltanto una: dal 1 gennaio 2016 Napoli perderà quasi 100 milioni di euro che aveva solo il compito di spendere. Una vicenda dai tratti apocalittici, che in queste ultime settimane è tornata alla ribalta nel capoluogo partenopeo con l’imminente concomitanza della fatidica data ultima.

Sì, perché di proroghe non se ne parla e la città potrà aspettare soltanto il prossimo pacchetto di finanziamenti. Castel Capuano, l’ex asilo Filangieri, Santa Maria la Nova, l’ospedale degli Incurabili, il teatro antico di Neapolis. Sono soltanto alcuni dei complessi monumentali che dopo il risanamento avrebbero restituito lustro al centro antico, che in alcuni punti versa in condizioni critiche. Un tour tra i caratteristici vicoli che in epoca greca furono Decumani e cardini ci mostrano uno scenario paradossale, dove la bellezza è ad oggi soltanto potenziale ed è rivestita da teloni e ponteggi, alcuni dei quali improvvisati ed esclusivamente per tamponare da eventuali crolli. Decine sono inoltre le chiese diroccate, inagibili o a rischio crollo, mentre in alcune aree le impalcature stazionano da così tanto tempo da essere diventate parte integrante (ed adattata) del quartiere. Quei fondi inviati direttamente al cuore di Napoli servivano anche a questo. Secondo il «Corriere del Mezzogiorno» nel dicembre 2008 l’Unesco inviò a Napoli persino una missione ufficiale, con una documentazione che conteneva l’impegno dell’Italia a spendere 280 milioni per restauri nel centro storico. Oltre ad una brochure con la descrizione degli interventi di restauro programmati, non uscì altro. Ma non è finita. Perché quattro anni dopo il vice direttore generale per la Cultura dell’Unesco inviò una lettera di sollecito al sindaco di Napoli (l’attuale Luigi de Magistris), a cui seguì l’avvio dei tre cantieri (peraltro non ancora chiusi) di cui sopra, rimasti tuttora gli unici mai aperti. I motivi del fallimento in salsa partenopea - manco a dirlo - ad oggi rimangono sconosciuti. Ragioni storiche e antropologiche dell’inettitudine operativa, burocrazia, generica inefficienza o incapacità degli amministratori susseguitisi negli anni.

Forse un libro intero non basterebbe per raccontare quello che ogni giorno l’Italia perde, spesso nell’indifferenza generale, mentre a volte basterebbe una piccola rivoluzione popolare per cambiare il verso. Fu proprio il grande artista della Pop Art Andy Warhol, uno dei personaggi rimasti incantati dalla città all’ombra del Vesuvio, a dire: «Napoli è come New York, cade a pezzi, ma sono sempre tutti felici».

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