Fino a quando non sarà trovato un farmaco o un vaccino contro il coronavirus l’attenzione dovrà resterà alta. Il timore della autorità, politiche e sanitarie, è che una volta terminato il lockdown i casi di contagio possano tornare a salire. Qualche esperto ha già messo le mani avanti affermando che non è da escludere che nei prossimi mesi ci possa essere una seconda ondata. Una eventualità assolutamente da scongiurare.
Cosa accadrà se si dovessero registrare nuovi focolai di coronavirus in Italia? Una domanda a cui al momento è difficile rispondere con esattezza. Il ministero della Salute e l'Istituto superiore di sanità stanno preparando una circolare che servirà nell’immediato futuro a bloccare le possibili aree del Paese dove l'epidemia non è sotto controllo. In pratica, non si dovrebbe ripetere un lockdown totale in tutto il Paese. Ma il condizionale è d’obbligo.
Come riporta Repubblica, per capire se in una Regione si rischia un nuovo focolaio oppure se in territorio l'epidemia di coronavirus non sta scendendo abbastanza si dovrà monitorare il cosiddetto "trigger", che si può tradurre in “grilletto” o “innesco”, considerato un campanello d’allarme. Se questo segnale sarà negativo, allora si partirà con la creazione di una zona rossa o di altre misure volte al contenimento dell’infezione.
Ieri il presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro, ha spiegato che questo piano è uno strumento per capire "se siamo nel giusto sentiero per evitare la ricrescita dei contagi". Ma per portare avanti il tutto serve una stretta collaborazione tra Regioni e l’Iss, con le prime dovranno comunicare, con una certa frequenza, quale è la situazione nei territorio delle varie Asl in base a una serie di indicatori specifici. Ogni area, ad esempio, dovrà monitorate la curva epidemica, registrare il numero di pazienti colpiti dal Covid-19 e la loro collocazione (terapia intensiva o isolamento domiciliare) e tenere sott’occhio la situazione degli ospedali e di altre strutture sanitarie di riferimento per quella zona.
Oltre a questi indicatori ospedalieri ci sono quelli territoriali. Le Regioni dovranno riferire quanti tamponi e altri test vengono effettuati e quanto personale è dedicato al lavoro necessario ad intercettare i nuovi casi e a isolare i loro contatti. Le Regioni che non inviano i loro dati rischiano di non poter passare ad una fase successiva. Se, invece, gli stessi dati saranno considerati negativi dalle autorità sanitarie, allora si potranno adottare misure di contenimento come la "zona rossa".
Il presidente dell'Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, nel corso della conferenza stampa alla Protezione civile tenutasi ieri, ha ribadito che "non è consentita la mobilità tra Regioni", nel nuovo decreto "c'è una maggiore flessibilità ma in ambito regionale. Il blocco viene mantenuto a eccezione dei casi che erano già previsti".
Inoltre, Brusaferro ha spiegato che le persone anziane e quelle con più patologie sono le più fragili e per questo “bisogna essere molto cauti nelle visite ai parenti che rientrano in queste categorie, i nostri cari vanno protetti e serve sempre grandissima cautela".
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