Un colpo al sessantotto americano

Sembra che uno dei peggiori incubi della sinistra americana stia per avverarsi: la Corte Suprema contro la sentenza Roe vs Wade, che nel 1973 legalizzò l'aborto

Un colpo al sessantotto americano

Sembra che uno dei peggiori incubi della sinistra americana stia per avverarsi: la Corte Suprema contro la sentenza Roe vs Wade, che nel 1973 legalizzò l'aborto. E che spinse a fare lo stesso i principali paesi europei, tra cui Francia e Italia. Diciamo subito che difficilmente il nuovo pronunciamento porterà al divieto dell'interruzione di gravidanza: probabilmente vi sarà una spinta, da parte di Biden, per una legge federale, che si applichi a tutti gli Stati. Cosa quanto mai necessaria, visto che, soprattutto negli ultimi anni, quelli repubblicani come il Texas hanno introdotto limiti molto seri, mentre altri, guidati dai Dem, New York ad esempio, hanno allargato le maglie, fino quasi a eliminare il vincolo temporale entro il quale abortire. In tal senso una legge federale potrebbe essere più equilibrata, una giusta mediazione che eviti gli estremismi da un parte e dall'altra. Il rigetto della Roe vs Wade è però clamoroso da un punto di vista, potremmo dire, di filosofia della storia. Si cancella infatti uno dei simboli del Sessantotto americano che, soprattutto attraverso l'aborto, aveva contribuito a polarizzare l'opinione pubblica e gli elettori americani e a spaccare il paese. Come sempre quando le leggi sono redatte da giudici privi di mandato popolare - anche se nominati dal Presidente. Con la fine della Roe vs Wade, si chiude l'epoca aperta dagli anni Sessanta. Questo vuol dire che saremmo in un'era di riscossa conservatrice? Niente affatto, anzi potremmo dire il contrario. Uno dei lasciti del Sessantotto, l'individualismo narcisistico, come lo chiamava Christopher Lasch, per cui esistono solo diritti e non doveri e tutto può, anzi deve, trasformarsi in diritto individuale, è diventato la religione civica dominante negli Stati Uniti, e nell'Occidente - che per inciso, ha contribuito a indebolirlo. Ora però, di fronte a questo «dirittismo», la nuova sentenza della Corte suprema mette un freno, e molto salutare. Ci dice che esistono ambiti in cui non tutto può diventare diritto: soprattutto quello della vita e della morte, in questo caso del nascituro. Sbaglierebbe la sinistra italiana a gridare alla reazione e al «medioevo»: ricordino che Pier Paolo Pasolini era nettamente ostile all'aborto e che un'autorità laica come Norberto Bobbio espresse più volte numerosi dubbi. Come sbaglierebbe la destra a cercare di forzare la mano e magari a chiedere la revisione della legge 194.

Sarebbe un grave errore politico e di prospettiva: essa è infatti una delle migliori leggi sul tema, anche perché non istituisce il «diritto all'aborto» ma considera l'interruzione di gravidanza come l'extrema ratio. Stiamo fuori quindi da una contesa tipicamente statunitense: ma prendiamo atto, con soddisfazione, che il vento progressista si sta un po' placando.

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