Un certo doppiopesismo si sarebbe annidato in Vaticano da quando papa Francesco è salito al soglio di Pietro. Lo sostiene chi - come il cosiddetto "mondo tradizionale" - non riesce ad accettare come alcuni cardinali considerati ultraprogressisti e prossimi, almeno dottrinalmente, a "Zio Ted", cioè all'uomo di punta della Chiesa cattolica americana di sinistra, quello prima scardinalato e poi ridotto allo stato laicale perché ritenuto responsabile di abusi ai danni di seminaristi, abbiano ricevuto incarichi chiave, mentre i "ratzingeriani" - come Raymond Leo Burke, Walter Brandmueller e Gherard Ludwig Muller - sino stati declassificati o - in linea sostanziale - definitivamente messi da parte.
A sollevare la questione sono stati alcuni ambienti genericamente definiti "anti-bergogliani". Ma pure l'edizione odierna di Libero presenta un'analisi che sembra suggerire l'esistenza di una sorta di preferenza espressa dal pontefice argentino nei confronti di quella che i tradizionalisti chiamano "filiera progressista". Per ciò che riguarda gli alti prelati conservatori, cioè i tre cardinali citati più l'africano Robert Sarah, che è l'unico rimasto alla guida di una Congregazione per quanto non sia esattamente in linea con la visione del mondo del Santo Padre, basterebbe citare come a Mueller - nonostante la prassi lo preveda - non sia stato rinnovato l'incarico di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede - lo aveva nominato Benedetto XVI - alla scadenza naturale del mandato, cioè dopo i cinque anni.
Gli è stato preferito mons. Ladaria, un gesuita poi elevato a cardinale. In Vaticano, d'altro canto, c'è stato spazio per promuovere il cardinale Farrell, neo - Camerlengo della Chiesa cattolica, ma già compagno di appartamento dell'ex cardinal McCarrick - questo è quello che si vocifera - ai tempi di Washington. Burke, in tempi non sospetti, lo aveva tirato in ballo: "Data la sua evidente vicinanza a McCarrick, è poco verosimile che Farrell non sapesse niente dei suoi atti gravemente peccaminosi". Si potrebbe pure fare il nome del cardinale Donald Wuerl, dimessosi da arcivescovo di Washington pure per accuse di "mala gestione", dopo aver preso il posto dello stezzo "Zio Ted". C'è chi dice abbia avuto un ruolo nello scorso Conclave: convincere i ratzingeriani a votare per Jorge Mario Bergoglio.
Il cardinale Blaise Cupich - ancora - un altro che può vantare una consolidata amicizia con l'ex cardinal McCarrick, è stato incaricato di presiedere la Commissione per la protezione dei minori della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, ma è soprattutto l'arcivescovo di Chicago. Poi c'è il cardinale Tobin, che Bergoglio ha piazzato a Newmark, un altro posto dove aveva già operato McCarrick. La "fliera progressista" avanza, mentre i cardinali ratzingeriani sembrano finiti nel dimenticatoio.
Almeno sul piano degli incarichi ricoperti in Vaticano. Sì, perché in relazione alle bordate che tirano sulle questioni dottrinali, i vari Burke, Mueller e Brandmueller hanno - oggi - un peso forse maggiore di quello assunto in passato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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