C'è un certo dibattito su una delle ultime riforme di papa Francesco. Un provvedimento passato un po' in sordina, forse perché molto tecnico. Parliamo della riforma della nullità matrimoniale nel diritto canonico. In realtà, le modifiche risalirebbero al 2015, ma siccome adesso si iniziano a vedere i primi effetti, gli esperti sono tornati a dire la loro. Alla fine del gennaio del 2021, Jorge Mario Bergoglio, che tra i tanti cambiamenti sta anche cercando di sterzare in relazione alla cosiddetta "giustizia vaticana", ha ribadito le sue intenzioni. Il Santo Padre, inaugurando l'anno giudiziario in Santa Sede, ha posto accenti sulla necessità che le procedure siano sempre più "agili", "accessibili" e "gratuito". Ci riferissimo a settori laici, parleremmo di semplificazione. Ma la tendenza è comunque quella.
Il Motu proprio di riferimento
Certo, in questo caso il fine è anche quello di non ridurre il matrimonio ad una formalità giuridica. E il Papa, nella medesima circostanza citata, parlando della nullità matrimoniale, si è riferito ad una "dalla memoria, fatta di luci e di ombre, che hanno segnato una vita, non solo dei due coniugi ma anche dei figli", così come riportato da La Stampa. Francesco - lo sappiamo - è un rivoluzionario. Soprattutto per quel che riguarda la trasparenza interna e l'organizzazione curiale, con la messa in discussione delle logiche acquisite, Bergoglio ha dimostrato una ferma volontà di modificare l'andazzo. E questo sembra riguardare anche la prassi procedurale che riguarda la nullità matrimoniale. Il Motu Proprio del 2015 mediante cui il Papa è intervenuto sul punto, ossia Mitis Iudex Dominus Iesus, attiene ad un materia particolare. L'introduzione del cosiddetto "processo breve" in ambito matrimoniale, del resto, avrebbe potuto sollevare le critiche di chi tende a difendere lo status quo. C'era insomma il rischio che le novità del pontefice argentino venissero associate a qualche tentativo di ridurre la stessa centralità dottrinale dell'istituto "matrimonio".
Un conflitto vero e proprio non c'è stato. La cosiddetta "opposizione" a Bergoglio si è concentrata su altri temi. Di sicuro, i tradizionalisti hanno scelto di attaccare su Amoris Laetita o sulla apertura dell'ex arcivescovo di Buenos Aires sulle unioni civili. Di nullità matrimoniale e matrimonio si è insomma discusso con molta parsimonia. E questo nonostante la dichiarazione di nullità matrimoniale, mediante la riforma bergogliana, sia divenuta effettivamente meno problematica da ottenere. L'argomento a primo acchito si presta poco, perché è poco mediatico. Inoltre, nel 2015, la "destra ecclesiastica" non era ancora esplosa, con le critiche che poi abbiamo avuto modo di conoscere e raccontare nel corso di questi anni. Con buone probabilità, l'esigenza di mettere mano alle lungaggini temporali del vecchio modello procedurale erano e sono condivise dai più.
Qualche giorno fa, sul Domani, è apparsa pure questa riflessione: "L'aspetto controverso della riforma non è tanto l'eliminazione della doppia sentenza, di cui già si parlava in un convegno di canonisti nel 2000, quanto le modalità tecniche con cui sono state formulate le condizioni, i luoghi, le fasi e i tempi del processo più breve: come fare le opportune verifiche o testimonianze, per esempio, se i tempi di verifica vengono accorciati". Anche sul piano dei tecnicismi e dei loro effetti, in buona sostanza, si discute. L'interventismo del Santo Padre non fa che suscitare interesse. Ma di cosa si sta discutendo davvero?
La riforma di Francesco
La chiamano riforma del processo breve in materia di nullità matrimoniale, ma è corretto tagliare l'argomentare in questo modo? Rosario Vitale non è soltanto un assiduo commentatore di approfondimenti come questo per ilGiornale.it, ma è anche il direttore di Vox Canonica, un periodico, uno dei primi se non il primo dei tempi recenti, che si occupa di diritto canonico in chiave divulgativa e non solo. E il religioso - interpellato pure in questa circostanza da ilGiornale.it - sgombra subito il campo da parecchi dubbi, chiarendo quale sia in realtà la ratio del provvedimento del vescovo di Roma: "Si è parlato e aggiungo, speculato tanto - esordisce l'esperto - , circa la riforma del Santo Padre, il così detto 'processus brevior'. Si è detto - aggiunge Vitale - tutto e il contrario di tutto, cerchiamo quantomeno di fare chiarezza su alcuni punti che ritengo fondamentali". Arriva dunque la prima spiegazione: "Intanto c’è da dire che il processo breve, da qualcuno inteso quasi come un processo amministrativo, è un vero e proprio processo, e per tali ragioni richiede la presenza di tutti i soggetti coinvolti, così come pure tutte le solennità del caso: deposizioni, dichiarazioni, documenti, giudici, difensori del vincolo ecc… anche per quanto concerne i tempi, la casistica ci dice che in media un processo breve ha una durata minima di tre mesi". Un processo breve, quindi, non è un non processo. E questo è già un elemento utile a delimitare il campo.
Devono esistere dei presupposti. Non tutti possono usufruire delle regole previste dal Mitis Iudex Dominus Iesus. Bisogna - come spiega Vitale - che la fattispecie venga integrata da casi specifici: "Devono sussistere due elementi: la nullità del matrimonio deve essere evidente e manifesta, non deve sussistere contrasto tra le parti. In poche parole, deve sussistere quello che in diritto chiamiamo fumus boni iuris e unitamente a questo, la certezza morale che quel matrimonio sia nullo, allo stesso tempo le parti in causa, devono manifestare coesione e unità nel ritenere nullo il loro matrimonio, per qualsivoglia motivo che la canonistica annovera tra le possibili cause, e che per utilità non stiamo qui ad elencare". In parole povere: la riforma di Bergoglio non svilisce affatto il matrimonio in quanto istituzione sacra e benedetta da Dio.
Il presunto svilimento dottrinale ed il ruolo dei vescovi
In numerose circostanze l'attuale pontefice è stato accusato da destra, per semplificare, di svilire o di modificare in senso progressista la dottrina cristiano-cattolica. E pure questa storia del processo breve per la nullità matrimoniale poteva finire in questo grande calderone. Come abbiamo accennato, attorno a questi aspetti non è stato registrato un attivismo specifico. In fin dei conti, si tratta di non essere troppo invadenti nei confronti della vita delle persone, come lascia intendere Rosario Vitale: "Non vi è nessuna involuzione - prosegue Vitale nella sua disamina - , la dottrina non cambia, e non potrà cambiare nemmeno con un Motu Proprio, né oggi né mai. Il processo breve - continua - ha la peculiarità di arrivare ad una certezza morale e oltre ogni ragionevole dubbio in quelle cause ove, sussistendo un’evidenza così lampante e la quasi totale mancanza di conflitto tra le parti, si possa giungere ad una soluzione in tempi relativamente celeri e con costi di gestione decisamente più bassi".
Non siamo neppure dinanzi ad un caso mediatico, com'è stato per via dell'apertura del Papa nei confronti delle leggi che dispongono sulla "convivencia civil". La sensazione è che vi sia una sostanziale comunanza d'intenti attorno a questa particolare riforma promossa dall'assoluto vertice ecclesiastico. Sì, ma sui punti controversi di questa riforma cosa risponde l'esperto? Una delle questioni sollevate riguarda il ruolo dei presuli, che sulla base della riforma bergogliana sono chiamati a giudicare:"Non li definirei controversi - risponde Vitale -, ma certamente sono aspetti che hanno bisogno di un maggiore approfondimento, ad esempio il ruolo dei Vescovi nel processo breve: sappiamo che il Vescovo è il giudice nei processi brevi, lo ha ribadito anche il Santo Padre nell’ultima allocuzione alla Rota...". C'è quello che sembra un "però": "Se da un lato però il giudice è il Vescovo, dall’altro è difficile pensare ciò allorquando un Vescovo non abbia le competenze specifiche per farlo (studi pregressi in ambito canonistico) o alle volte il tempo". I vescovi giudici non possono che far riflettere. Ma Francesco ha ribadito la sua volontà nell'ultima allocuzione alla Rota: "Il giudice è il Vescovo, va aiutato dal vicario giudiziale, va aiutato dal promotore di giustizia, va aiutato, ma lui è il giudice, non può lavarsene le mani". Bergoglio, com'è spesso capitato, tira dritto.
Le altre questioni aperte
Non è finita qui. Se non altro perché lo studioso di diritto canonico sottopone alla nostra attenzione un altro punto che meriterebbe di essere studiato con atteggiamento certosino. Peraltro sembra che le domande siano state poste dallo stesso papa Francesco: "Altro argomento importante, è l’accompagnamento dei figli o della parte soccombente. Così affermava il Papa: 'Di fronte a un matrimonio che giuridicamente viene dichiarato nullo, la parte che non è disposta ad accettare tale provvedimento è comunque con i figli un unum idem'. Pertanto, è necessario che si tenga conto della rilevante questione: che ne sarà dei figli e della parte che non accetta la dichiarazione di nullità?”.
La Chiesa cattolica non può lasciare sola la parte in contrasto con la decisione presa. E la decisione, com'è noto per i processi matrimoniali, finisce con il coinvolgere anche gli eventuali figli: " Sono ancora argomenti che meritano per la loro importanza, la giusta considerazione". Vitale fornisce un giudizio che tutto sommato si rivela positivo: "Penso che sia stato fatto tantissimo fino ad oggi, il processus brevior seppur ancora con margini di miglioramento, è un giusto connubio tra la prassi canonistica, il diritto canonico, la dottrina e i tempi che viviamo".
Più che altro il problema, supposto sempre che esista, è legato alla necessità che i vescovi, che peraltro sono stati chiamati a giudicare, ne sappiano eccome di diritto canonico: "Più che un miglioramento, la mia è una considerazione, un auspicio, sarebbe opportuno che più sacerdoti o laici, studiassero le materie canonistiche e che in ogni diocesi si potessero istruire questi tipi di processi, ciò aiuterebbe la pastorale e il popolo di Dio ad avere le giuste e doverose risposte e nei giusti tempi", chiosa il religioso Rosario Vitale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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