Quando parli di Castel Romano con un abitante della Capitale il pensiero corre subito all’outlet delle grandi firme. Castel Romano però è molto di più. È anche innovazione e ricerca. Questo lembo di periferia romana al confine con Pomezia ospita i laboratori della biotech italiana Takis, impegnata nella sperimentazione di un vaccino contro il virus Sars-CoV-2. Si chiama Covid-eVax.
È il secondo vaccino italiano in studi clinici assieme al Grad-Cov-2 di Reithera, che al momento si trova in fase 2 e 3 di sperimentazione. Per quanto riguarda e-Vax, invece, all’inizio di marzo è partita la sperimentazione di fase 1 su 26 volontari. La prima dose è stata inoculata presso l’ospedale San Gerardo di Monza, senza particolari effetti collaterali. "Pensiamo di concludere tutta la parte di sperimentazione clinica al massimo nei primi mesi dell’anno prossimo", ci spiega Luigi Aurisicchio, amministratore delegato e direttore scientifico dell’azienda. Takis è giovanissima, poco più di dieci anni di attività, iniziati da una scommessa.
Dopo essersi laureato in Biologia all’Università Federico II di Napoli, Aurisicchio viene arruolato nella squadra di una delle più grandi farmaceutiche del mondo: la statunitense Merck&Co. L’esperienza si conclude nel 2009, con la crisi della multinazionale e la chiusura della sede italiana. A questo punto il biologo si ritrova in cassa integrazione e con un grosso punto di domanda: cercare fortuna all’estero o scommettere sull’Italia? Così nasce Takis.
Oggi la biotech di Aurisicchio fattura circa 2 milioni l’anno e collabora con gruppi come Novartis, Glaxo, Alfasigma e Janssen. È specializzata in vaccini di tipo genetico per pazienti oncologici. Ed è proprio dall’esperienza acquisita nel campo dell’immunologia anticancro che matura l’idea di misurarsi con il Covid. La novità sta nella tecnologia. La Takis, dal greco takos, ossia velocità, è avanti rispetto alle altre biotech. Ha immaginato un vaccino, primo e unico in sperimentazione clinica in Europa, basato sul Dna.
La piattaforma sfruttata dal Grad-Cov-2, ad esempio, è quella a vettore virale con adenovirus, come AstraZeneca e Johnson&Johnson. Si tratta in poche parole della "classica" iniezione del virus indebolito. Comirnaty di Pfizer e mRna 1273 di Moderna, invece, si basano sull’Rna messaggero. In questo caso, al paziente viene somministrato materiale genetico che consente all’organismo di produrre la proteina virale autonomamente.
Ed e-Vax? Il meccanismo è lo stesso, ma il Dna, rispetto all’Rna, ha il vantaggio di essere un molecola più stabile, resistente quindi, anche a temperature normali. È per questo che una volta avviata la produzione, ci assicura l’ad dell’azienda, sarà possibile esportarlo anche nei Paesi in via di sviluppo, in cui si pone il problema del mantenimento della catena del freddo che rende difficoltosa l’accessibilità agli attuali vaccini in commercio.
Non solo. "La tecnologia degli acidi nucleici – spiega Aurisicchio - ha la caratteristica di poter essere modificata molto velocemente, quindi è possibile introdurre quelle mutazioni che normalmente avvengono nel virus e creare un vaccino ad hoc per quella particolare variante". La società ha anche messo a punto un sistema di algoritmi che consentono di prevedere quali saranno le varianti che si diffonderanno di più nella popolazione umana.
L’avventura della Takis è iniziata il 27 gennaio del 2020, pochi giorni dopo la pubblicazione in Cina della sequenza genetica del Sars-Cov-2. La ricerca è partita con un budget iniziale di 100mila euro investiti direttamente dall’azienda, al quale si sono aggiunti altri 53mila euro raccolti tramite una campagna di crowfunding lanciata sul web. Uno studio low cost che però ha dato immediatamente i suoi frutti. "La svolta – prosegue il ceo – è arrivata con la collaborazione con la Rottapharm, un’azienda di Monza che ha messo a disposizione risorse umane ed economiche che ci hanno consentito di arrivare alla sperimentazione clinica".
La verifica dell’efficacia di e-Vax sull’uomo sta andando avanti, oltre che al San Gerardo di Monza, anche all’Istituto nazionale tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli e allo Spallanzani di Roma. Ai volontari, più di 300 tra fase 1 e 2, il vaccino viene somministrato attraverso un sistema di "elettroporazione": con quella che, a prima vista, sembra una pistola. È stata sviluppata da un’altra azienda italiana, la Igea di Carpi, e produce una micro scossa elettrica sul braccio in concomitanza con l’iniezione. "Si chiama gene gun – spiega l’ad – e permette, tramite la somministrazione di un impulso elettrico di pochi millisecondi, di creare dei pori sulla superficie della pelle per far entrare il Dna nelle cellule".
"È in questo modo – ci illustra Fabio Palombo, ricercatore che incontriamo nei laboratori della Takis – che trasmettiamo all’organismo le istruzioni per l’uso, indicando al sistema immunitario del soggetto come riconoscere il virus e soprattutto quale parte del virus riconoscere, questo è molto importante ed è diverso da vaccino a vaccino". Per ora gli scienziati stanno valutando se serviranno una o più dosi per assicurare la copertura dal virus. Intanto, assicura lo studioso, il vaccino a Dna è capace di indurre due importanti risposte da parte del sistema immunitario: "Quella degli anticorpi neutralizzanti, e quella delle T-cell, le cellule killer che permettono di colpire il virus, riuscendo così a controllare la malattia grave".
Gli studi sull’efficacia di e-Vax sono in corso anche sugli animali. Lo scopo è evitare che insorgano nuove mutazioni virali trasmissibili all’uomo, come è successo nel caso dei visoni in Danimarca. "Negli Stati Uniti abbiamo iniziato uno studio clinico su dieci gatti, e su questi abbiamo valutato sinora la presenza di anticorpi neutralizzanti il virus", racconta la ricercatrice Antonella Conforti. "Anche gli animali, sia da compagnia che selvatici, possono essere infettati, con il rischio che si possono generare nuove varianti potenzialmente pericolose per l’uomo, come è già accaduto".
In attesa dei risultati della sperimentazione clinica, nei laboratori della Takis si lavora anche sul fronte delle cure, con lo studio di oltre 60 tipi di anticorpi monoclonali, all’interno dei quali si cercano uno o più candidati che siano efficaci per neutralizzare il Covid.
"Questa pandemia – conclude Aurisicchio – è stata l’occasione per dimostrare al mondo che gli scienziati italiani sono veramente eccellenti, quello che occorre sono delle risorse finanziarie per sviluppare tecnologie all’avanguardia, come quella degli acidi nucleici, che consente di avere in tempi molto rapidi nuovi vaccini".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.