CD38, una molecola la cui origine risale a quasi un miliardo di anni fa e presente nell'organismo umano, potrebbe bloccare le conseguenze negative dell'infezione da Covid-19. È in fase di studio una possibile cura come quella già in uso, con successo, per combattere il mieloma multiplo.
Come funziona
"CD38 è una molecola molto vecchia nella storia della vita: quella umana è nata 950 milioni di anni fa ma la molecola è ancora più longeva, risale addirittura a 4 miliardi di anni fa ma questo dettaglio, per ora, lo teniamo da parte", ha affermato in esclusiva per ilgiornale.it Fabio Malavasi, Professore Emerito di Genetica Medica del Dipartimento di Scienze Mediche Facoltà di Medicina dell'Università di Torino. La cosa importante da sapere è per cosa viene usata attualmente questa molecola. "È un bersaglio per il trattamento del mieloma multiplo, una neoplasia delle plasmacellule - afferma il Prof. Malavasi - Viene usata perché, di solito, è poco espressa sulle superfici delle cellule normali mentre ce n'è tantissima su questo tumore. Per questo motivo, CD38 è stata impiegata come bersaglio terapeutico di anticorpi monoclonali che hanno rappresentato una svolta nella terapia di questo tumore".
Il ruolo di CD38
Lo studio, di cui il Prof. Malavasi è il coordinatore, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Physiological Reviews (abbiamo allegato il lavoro originale, in Pdf, in fondo al pezzo). I ricercatori si sono accorti che esistono particolari situazioni che ricordano quello che si osserva dal vivo, cioè sui pazienti: "È stato osservato che questa molecola è anche un'enzima che sta sulle superficie delle cellule ed è importante perché regola la sintesi di altri fattori come i segnali citoplasmatichi che regolano il calcio ed altre sostanze coinvolte nell'infiammazione". E qui viene il punto: "abbiamo fatto un progetto per cui, bloccando questa molecola nei pazienti affetti da Covid, si riuscirebbe ad alleviare la parte più critica che è la flogosi del polmone". Flogosi significa infiammazione ed è quando i polmoni vanno in sofferenza a causa delle polmoniti intestiziali tipiche di questa malattia. Il Prof. Malavasi ed il suo staff hanno analizzato ed effettuato una sequenza logica basata su quanto osservato nel mieloma e l'hanno trasferita su alcuni pazienti facendo un progetto di applicazione.
Come agiscono i virus
"Questo perché i virus vanno a cercarsi delle molecole che apparentemente non c'entrano niente con loro" - ci dice il genetista, spiegandoci che i virus sono "degli astuti signori che cercano, all'interno delle nostre cellule, delle vie che non sono praticate da nessuno. Il Covid-19, ad esempio, usa l'Ace2, strategia molto diffusa nelle infezioni storiche degli ultimi anni: pensi all'HiV che ha scelto come suo recettore privato per entrare nelle cellule la molecola CD4 che marca le cellule di difese, per cui i pazienti affetti da HiV di tipo 1 non muiono per la malattia in sè ma perché non hanno più difese immunologiche e può capitare che muoiano anche per un semplice raffreddore". Sono tutte strategie adottate per bypassare le difese cellulari di ogni tipo, immunologiche e sierologiche, cioè gli anticorpi.
Come si blocca Covid
La ricerca, adesso, su cosa si baserà? "La ricerca verterà su due aspetti: da una parte abbiamo alcuni anticorpi che bloccano l'azione di CD38 e si può fare mediante azioni topiche, nel polmone stesso, oppure con trattamenti insufflando adenosina, una sostanza che inibisce la tempesta citochinica che è spesso causa di morte nei malati Covid-19. Si cerca, in tutte le maniere possibili ed immaginabili, di interferire con questa tempesta". Uno dei primi suggerimenti fu fatto impiegando il recettore dell'interleuchina 6 perché ricordava molto il trattamento dei pazienti con cellule Car-T o con anticorpi: l'obiettivo dei ricercatori è quello di interferire nella maniera più normale e naturale possibile con la nascita di queste super infiammazioni, spegnendole. Bloccando CD38 si blocca l'infiammazione? "Direi tranquillamente che si possa ottenere un'azione che vada in quella direzione", afferma Malavasi. A questo punto si aspetta l'applicazione sul "campo": per ottenerla, però, serviranno altri mesi. "È questo il problema a cui stiamo lavorando, dobbiamo fare un 'disegno' in cui la nostra idea possa essere applicata in qualche modello in vitro e poi in vivo, ci vorrà ancora un po' di tempo. Per la cura, poi, dovremo aspettare il 2022". Un'altra domanda sorge spontanea: come si bloccherà la molecola, con una terapia o con un vaccino? "Gli anticorpi monoclonali sono agenti usati come dei farmaci che agiscono sul bersaglio CD38 mentre i vaccini sono progettati contro componenti virali, è questa la differenza - spiega l'esperto - Tutti i vaccini che in questo momento sono in uso ed in prova, sono diretti contro componenti della superficie del virus e verso quella direzione si indirizza la risposta immunitaria. L'anticorpo, invece, è semplicemente una proteina che lega il bersaglio per cui è specifica e ne blocca l'attività funzionale, la capacità di funzionare come un enzima".
La molecola che ha 4 miliardi di anni
Ma torniamo all'inizio, quando il Prof. Malavasi ha "messo da parte" il dettaglio su questa molecola nata prima dell'uomo stesso. Come fa ad avere, addirittura, 4 miliardi di anni? La vicenda è curiosa ed interessante. "Nella storia della vita c'è un continuo movimento, è per questo che si fa un'analisi chiamata filogenesi": l'aplysia californica, ad esempio, è un mollusco che anticipa di gran lunga la presenza dell'uomo nella storia della vita ed è utilizzato in laboratorio per studiare i processi biologici sinaptici dell'apprendimento e della memoria. Cosa centra l'aplysia, senz'altro sconosciuta alla maggior parte di noi? "Studiandola, è stata scoperta una molecola molto simile al CD38 umano: ciò significa che questa molecola è molto importante per la vita perché funziona così bene che non è mai stata cambiata, esercita una funzione molto importante nella storia della vita", afferma Malavasi. CD38 è una molecola di superficie di 45 kilodalton, unità di massa atomica ampiamente utilizzata in fisica e chimica che viene espressa con variabilità quantitative da molte popolazioni cellulari. "Potremmo dire ubiquitaria a bassa densità su tutte le cellule dell'organismo umano: i globuli rossi ne hanno pochissima, i linfociti di più.
Però, all'interno dei leucociti esistono le plasmacellule, quelle che producono gli anticorpi, che hanno un'altissima presenza sulla loro superficie: per questo motivo, la molecola è stata assunta come bersaglio terapeutico dell'anticorpo che uccide la cellula bersaglio tumorale", conclude.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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