Covid, il virus perde colpi. "Ecco perché si sta indebolendo"

Il virus è sempre più debole perché muta e non potrà farlo all'infinito. "Ha dei limiti, se muta troppo non ci infetta più": ecco cosa ci hanno detto alcuni esperti

Covid, il virus perde colpi. "Ecco perché si sta indebolendo"

Il virus si indebolisce, perde colpi, e la prova è sotto gli occhi di tutti: le varianti. Sono loro la conferma che il Covid-19 si avvia verso un lento ma inesorabile declino, parola di virologi.

Quali sono le evidenze

"Ciò che vediamo ci porta a pensare sempre più convintamente che il virus stia finalmente incontrando una fase che potremmo definire di declino": è quanto ha affermato a Repubblica il Prof. Fausto Baldanti, Direttore del laboratorio di Virologia Molecolare del San Matteo di Pavia. Le mutazioni incontrate nell’incessante lavoro di sequenziamento hanno portato i ricercatori a trovare mutazioni comuni e, come dice l'esperto, questo è un virus "che non può mutare all’infinito”. E soprattutto, il Sars-Cov-2 sembra mutare sempre negli stessi posti. "La variante indiana, ad esempio, presenta due mutazioni: una nella posizione 484, come anche quelle sudafricana e brasiliana, e una seconda in posizione 452 della spike che la caratterizza. E non si differenzia poi così tanto, appunto, dalla brasiliana e dalla sudafricana, diciamo che non è completamente nuova". Quindi, se le varianti hanno mutano sempre negli stessi posti significa che più di tanto un virus non può trasformarsi nel punto in cui la proteina Spike aggancia le cellule. "Se le mutazioni cominciano a ritornare nelle stesse posizioni, si è ad un punto in cui il virus potrebbe anche non evolvere - aggiunge Baldanti - le posizioni non possono mutare all'infinito perché sono in numero limitato".

"Virus più debole? Lo dissi già l'anno scorso..."

Il Prof. Baldanti ha dato una speranza a tutti: il virus si sta indebolendo. "Già lo dissi nel maggio 2020 durante un'audizione al Senato ma ebbi la maggior parte dei virologi contro dicendomi che non fosse vero che il virus stesse mutando, le stesse persone che oggi parlano di varianti. Invece no perché il virus, quando fa mutazioni e crea nuove varianti, lo fa per adattarsi al suo ospite. Sembra strano ma è un concetto evolutivo ben chiaro nel virus", ha affermato in esclusiva al nostro giornale il Prof. Massimo Ciccozzi, Responsabile di epidemiologia dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. L'epidemiologo ci ha detto che la scorsa primavera eravamo già di fronte ad un virus mutato, in evoluzione. "Nessuno aveva ancora capito che tutto quello che stavamo già osservando fosse dovuto ad una variante, la DG614, che ha iniziato a sostituire il ceppo originario di Wuhan nel febbraio 2020, e lo abbiamo dimostrato con il lavoro che è uscito pochi mesi fa su Nature virology dove avevamo 13 lignaggi diversi che giravano già in Italia, ma ebbi tutti contro perché si affermava che il virus non stesse perdendo colpi. Era un concetto classico di convergenza evolutiva: il virus muta, era solo una questione di tempo. Adattandosi, sarebbe diventato meno pericoloso", aggiunge.

"Il Covid ha dei limiti"

"Baldanti si è espresso sul fatto che queste varianti non riescano a produrre quella successiva variante che magari sia resistente all'immunizzazione. Lui ha una visuale quotidiana di quelli che sono i ricambi genetici che caratterizzano questo 'errore' continuo del virus nel replicarsi avendo un'idea che il Covid non riesca a mutare più di tanto": è questo il pensiero che ha dichiarato in esclusiva per ilgiornale.it il Prof. Giovanni Di Perri, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Amedeo di Savoia e della Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive dell’Università degli Studi di Torino, che ci ha spiegato come il Covid abbia "dei limiti" nel mutare perché deve attaccarsi al recettore Ace2 che gli consente di infettare le nostre cellule, un po' come la chiave della serratura: la serratura rimane sempre quella, lui può mutare ma deve comunque rimanere entro un certo confine strutturale per poter continuare a legarsi al recettore stesso. "Se muta troppo, quella mutazione eccessiva non la vediamo perché non ci infetta più. C'è un limite nelle mutazioni che il virus può fare continuando ad infettarci, questo si. Baldanti comincia a vedere gli stessi fenomeni che si ripetono", afferma Di Perri.

"Baldanti? Ha detto cose sensate, gode di massima stima"

Le parole del Prof. Baldanti hanno trovato il consenso della maggior parte dei suoi colleghi. "Siccome in Italia abbiamo pochi virologi veramente esperti e uno di questi è Baldanti, che ha basato la sua vita sullo studio dei virus a differenza di altri che hanno studiato mosche e zanzare e si sono occupati di virologia soltanto nell'ultimo anno, se lo ha detto Baldanti non ho dubbi che abbia detto delle cose sensate. Gode di una fiducia e di una stima talmente grande da parte mia e di tutto il mondo scientifico che, se ha detto questa affermazione, non posso che sottoscriverla e condividerla", ha affermato per ilgiornale.it il Prof. Matteo Bassetti, Direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova. L'infettivologo genovese ci ha spiegato che il Covid muta come tutti i virus della storia, qualche volta in bene qualche altra in male: fino ad oggi era mutato in male ma adesso si stanno vedendo delle mutazioni che fanno pensare che il virus stia facendo delle mutazioni "benigne". "Baldanti ha fatto la storia della virologia italiana come Clementi o Palù, sono gli uomini che hanno fatto la virologia. Mi faccio delle domande, invece, di chi parla senza aver sul curriculum alcun lavoro scientifico sui virus fino al marzo 2020: bisognerebbe anche avere dei dati scientifici a supporto delle proprie idee e del fatto di ritenersi degli esperti", aggiunge.

"Il Covid-19 diventerà simil influenzale"

Quindi, se il virus si sta indebolendo, qual è lo scenario che ci attende nei prossimi mesi? "Andiamo incontro ad un virus che sarà trattato come, probabilmente, trattiamo ogni anno il virus influenzale. Sarà necessario fare dei richiami vaccinali ma diventerà uno dei coronavirus che non ci darà fastidio più di tanto, uno dei coronavirus umani che darà una simil influenza o raffreddore, simil perché non è un virus influenzale e magari verrà consigliata la vaccinazione per le categorie più fragili così come accade per l'influenza. Questa è la storia, è solo una questione di tempo", ci ha detto il Prof. Ciccozzi. Al momento, però, circolano ancora varianti pericolose vedi sudafricana, brasiliana e indiana che non sono tutte uguali ma presentano delle mutazioni importanti che le delineano come varianti differenti. "Il fatto stesso che il sistema di riconoscimento e di nomeclatura le chiami in modo diverso, significa che sono diverse. Chiaramente, noi avremo sempre le stesse varianti man mano che ci vacciniamo proprio per questa convergenza evolutiva del virus che si adatterà completamente a noi".

"Il tasso di letalità non è mai cambiato"

A Ciccozzi abbiamo chiesto, però, per quale motivo la seconda e la terza ondata sono state molto violente ed importanti: come è possibile che il virus si stava già indebolendo? "Il tasso di letalità è sempre stato del 3%, non è mai aumentato: le persone sono morte perché arrivavano tardi in ospedale, perché erano le più anziane, perché avevano le comorbilità, non per la cattiveria del virus in sè. Il virus è sempre stato più contagioso ma non più letale, ecco la convergenza evolutiva. Se fosse stato più letale e meno contagioso, oggi non avremmo parlato di adattamento perché avrebbe sempre ucciso l'ospite come succedeva per la peste, come succede per l'Ebola e come è successo per la Sars del 2002-2003".

Le tre forze della vaccinazione

Stando così le cose, dovremmo avere un miglioramento sempre più importante e palese nei prossimi mesi grazie alla vaccinazione, cosa che stiamo comunque osservando ogni giorno di più: circa 400mila persone vaccinate al giorno, un milione ogni due giorni e mezzo e 10 milioni tra 25 giorni da oggi. "Questo è un dato che ci fa sperare bene - ci dice il Prof. Di Perri - tra 25 giorni faremo le stesse considerazioni con, a nostro vantaggio, una porzione in più della popolazione che non può più ammalarsi. Con il vaccino in mano facciamo tre cose contemporaneamente: ci si infetta molto poco, non mi ammalo e trasmetto molto poco. Con queste premesse dovremmo poter avere un'estate buona". La notizia meno buona, però, è che dovremo abbandonare l'idea che il Covid scomparirà. Piuttosto, si adatterà e rimarrà tra noi per tanto altro tempo ancora. "Probabilmente no, non scomparirà. Chi l'ha detto ha sbagliato, questo sarà un compagno di viaggio - afferma Ciccozzi - Per assurdo, sarebbe scomparso come la Sars se fosse stato molto più letale e meno contagioso". Come detto, potrebbe diventare endemico perché le mutazioni che sta facendo non toccano la letalità ma la contagiosità. "Ogni mutazione che vediamo è perché il virus vive in popolazioni differenti: la variante indiana ne ha una due diverse da quelle differenti da quella sudafricana, che ne ha una-due differenti da quella brasiliana, che ha una-due mutazioni differenti da quella inglese e così via.

Non dobbiamo guardare soltanto le mutazioni sulla proteina Spike ma quelle che si fissano e che gli fanno gioco dal punto di vista evolutivo anche sulle altre proteine. Arriveremo a questo con una pressione evolutiva data dalla vaccinazione e dal nostro sistema immunitario", conclude.

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