Farmaco anti-Covid per chi non può avere il vaccino: "Alternativa salvifica"

Chi non potrà vaccinarsi, a breve potrebbe poter contare su una cura a base di anticorpi monoclonali attualmente allo studio in Inghilterra

Farmaco anti-Covid per chi non può avere il vaccino: "Alternativa salvifica"

Non tutti potranno essere vaccinati contro il coronavirus ma per loro pare sia già pronta una cura con in caso di infezione. Due studi inglesi sono entrati da poco in fase 3 ed entro sei mesi potrebbero già portare sul mercato la cura definitiva contro il Covid. A rivelarlo è Vincenzo Libri, direttore della NIHR (National Institute for Health Research) UCLH Clinical Research Facility), che in un'intervista su Repubblica ha fatto il punto sulla situazione oltre il vaccino.

Sebbene la vaccinazione contro il coronavirus potrebbe essere la soluzione per spegnere definitivamente, o quasi, l'epidemia, ci sono persone che non potranno accedere al vaccino. Sono per esempio gli immunodepressi e chi ha avuto di recente contatti con persone contagiate. In caso di infezione, a breve potranno contare su una cura a base di anticorpi neutralizzanti che pare abbiano effetto immediato contro la malattia. L'approvazione di questo farmaco potrebbe arrivare entro il primo semestre del 2021. Lo studio è portato avanti da AstraZeneca, la casa farmaceutica che sta sviluppando anche uno dei vaccini, e il suo nome in codice prima di quello commerciale sarà AZD7442.

La sperimentazione sta procedendo secondo due studi paralleli. Il primo prevede la "somministrazione degli anticorpi a volontari che sono stati a contatto con persone positive al Covid negli 8-10 giorni precedenti". A questi soggetti il vaccino non può essere somministrato, in quanto lo stesso ha bisogno di tempo per immunizzare. Il vaccino nasce per stimolare la produzione di anticorpi contro la malattia ma è necessario del tempo affinché abbiano effetto. A oggi, per esempio, la somministrazione deve avvenire in due dosi a distanza di 21 giorni l'una dall'altra. A livello clinico significa che occorrono tra 1 e 2 mesi per avere gli anticorpi. "Quindi se una persona è stata a contatto con positivi due giorni fa e oggi riceve il vaccino, è verosimile che possa sviluppare la malattia perché il vaccino non ha avuto tempo di agire", ha spiegato Vincenzo Libri. Per questo motivo gli anticorpi AstraZeneca sono la soluzione per questi casi: "l farmaco non è un immunostimolante, ma è un anticorpo già bello e pronto che viene dato per riconoscere immediatamente il virus e per combatterlo. Questo nuovo trattamento serve a dare al paziente degli anticorpi pronti che sostituiscono quelli che l’organismo dovrebbe produrre di suo, senza però riuscirci". La sperimentazione è ancora in atto ma "l’immunità prodotta nel paziente dovrebbe durare almeno 6 mesi, e auspicabilmente 12".

Il secondo, invece, "coinvolge individui che non avrebbero benefici dalla vaccinazione perché immunodepressi o immunocompromessi". In questi soggetti, il vaccino non sarebbe in grado di produrre anticorpi efficaci: "Purtroppo il vaccino non protegge quegli individui che, paradossalmente, sono quelli più vulnerabili e quelli che più di tutti hanno bisogno di un vaccino. Gli anticorpi neutralizzanti possono risultare un’alternativa salvifica per queste persone che sarebbero tagliate fuori dalla vaccinazione". La sperimentazione AstraZeneca potrebbe portare al primo brevetto di anticorpi monoclonali contro il Covid, "anche se degli articoli scientifici recenti ipotizzavano che gli anticorpi sviluppati per la Sars potessero funzionare anche contro il Sars-Cov-2".

Inevitabile per Vincenzo Libri affrontare l'argomento delle varianti del coronavirus, anche se il ricercatore smorza gli allarmismi: "Quello che al momento nessuno di noi ha motivo di ritenere è che i vaccini non siano efficaci anche per le varianti". Pare che sia la contagiosità a essere maggiore, non la viralità, ma gli studi devono ancora essere conclusi in tal senso, percHé a incidere potrebbero essere stati anche i comportamenti meno attenti delle persone. "Dopotutto sono passati nove mesi di clausure, riaperture e lockdown: è difficile gestire nel tempo questo tipo di regime. Non sappiamo con certezza quanto le regole siano applicate nella quotidianità, e se ci sono maggiori contatti, ci saranno maggiori infezioni", ha spiegato Libri.

Il ricercatore, sulla base dei dati attualmente in possesso della comunità scientifica, afferma che la variante inglese non sembra essere più pericolosa, non sembra produrre più ospedalizzazioni e morti e non sembra influire negativamente sull'efficacia dei vaccini. E sul prodotto vaccinante di Oxford, Libri dice che "a brevissimo avremo il verdetto. Di qui a pochi giorni".

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