Il famoso trattamento con gli anticorpi monoclonali nelle fasi iniziali del Covid è iniziato anche in Italia: da pochi giorni sono stati somministrati a 230 positivi in 15 diverse Regioni italiane. Questa cura, però, non è e non sarà disponibilie per una larga fetta di popolazione.
Limiti e costi
Vuoi per i costi (soprattutto) e vuoi per una disponibilità limitata, chi sarà trattato con gli anticorpi nati in laboratorio dovrà essere scelto con criteri precisi. "Vanno dati a persone che hanno ancora pochi sintomi ma con fattori di rischio che fanno prevedere un aggravamento", ha affermato a Repubblica il professor Francesco Menichetti, direttore dell'Azienda Ospedaliera Università Pisana. Le categoria a cui si riferisce il Prof. secondo un preciso elenco stilato dall'Aifa sono gli Over 65 in presenza di un'altra patologia importante e gli Under 65 con più malattie gravi. La cura, che nel tempo dovrebbe dare i suoi frutti (qui un nostro pezzo pubblicato di recente) ha un costo compreso tra 1.500 e 2mila euro a trattamento. Il Ministero della Salute, al momemto, ha stanziato 400 milioni utili soltanto per 150mila pazienti.
Quando si somministrano
L'importanza di non "rovinare" la cura è la tempestività: a differenza di tutte le altre, i monoclonali sono utili soltanto se somministrati nelle fasi precoci della malattia, a pochi giorni dal tampone, altrimenti sarà come bere acqua fresca. Infatti, in presenza di polmonite o forte infiammazione che provoca la famosa "tempesta citochinica", il trattamento sarà inutile. È per questo che, visti i costi e la limitata disponibilità, gli operatori sanitari devono scegliere in modo scrupoloso i pazienti adatti. "I pazienti vengono scelti da medici di famiglia o Usca, arrivano in ospedale, un'ora per l'infusione, un'altra per l'osservazione, poi tornano a casa", spiega Menichetti che li ha già somministrati a 25 persone.
Il rebus: guariti grazie ai monoclonali?
A questo punto si apre una terza fase, quella dell'attesa e del punto interrogativo: la cura avrà funzionato o quei pazienti sarebbero guariti lo stesso grazie agli anticorpi naturali? "Non è facile dirlo - ammette Paolo Bonfanti, primario di malattie infettive al San Gerardo di Monza che ha già trattato una decina di pazienti. "L'obiettivo è evitare sintomi gravi e ricovero ma molti pazienti superano l'infezione da soli. È difficile per noi capire se il merito di una guarigione è degli anticorpi monoclonali o della risposta naturale del paziente". Come detto all'inizio, il rapporto costi-disponibilità fa sì che, per ogni paziente, tutti i medici debbano prima chiedere l'autorizzazione all'Agenzia Italiana del Farmaco. "Poi dobbiamo compilare una scheda 30 giorni più tardi. Dovremo farlo bene per capire l'utilità dei monoclonali, o rischieremmo di aver speso 400 milioni inutilmente", ha affermato Cristina Mussini, Dirigente del reparto di malattie infettive a Modena dove la sperimentazione inizierà questa settimana.
Risposte e dubbi
Il Prof. Pierluigi Viale, Primario di malattie infettive al Sant' Orsola di Bologna, ha avuto una risposta positiva da un paziente trapianto ed immunodepresso che aveva sviluppato una polmonite in pochissimo tempo. In quel caso, la cura con gli anticorpi sembra aver avuto un effetto molto positivo grazie ad un rapido miglioramento in un soggetto molto fragile e ad alto rischio. "Un paziente che da solo non riesce a produrre anticorpi è il tipico caso in cui i monoclonali sono utili, senza troppi dubbi", ha affermato. Come abbiamo già visto, la Toscana si dimostra in prima linea nella cura con i monoclonali (qui una nostra esclusiva sugli anticorpi prodotti da Toscana Life Sciences). Il dilemma, però, è lo stesso che per i vaccini: riusciranno a fermare anche le varianti? I monoclonali si legano alla Spike del Coronavirus in un punto ben preciso, una mutazione in quel punto potrebbe essere deleteria: mentre la variante inglese non sembra creare problemi, la brasiliana e la sudafricana sì. "Anche in Italia sono arrivate nuove indicazioni. Ora può essere somministrato solo in combinazione con un altro monoclonale", afferma il Prof. Massimo Puoti, che dirige le Malattie infettive al Niguarda di Milano, riferendosi a quello americano prodotto da Eli Lilly (ne abbiamo parlato in questo reportage).
"Cerchiamo comunque di effettuare anche un test sulle varianti per capire quale ceppo abbiamo di fronte", aggiunge. Insomma, anche su questo fronte, a causa di costi e varianti, la strada sembra essere in salita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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