Le buone notizie vengono dalla Toscana dove sono puntati gli occhi dell'intera nazione: è lì che da un anno si studia la cura più efficace contro il Covid-19, quella a base di anticorpi monoclonali.
Cos'è Toscana Life Sciences
La fondazione Toscana Life Sciences (Tls), con sede a Siena, è un ente no-profit che opera dal 2005 nel panorama regionale con l’obiettivo di supportare le attività di ricerca nel campo delle scienze della vita e, in particolare, per sostenere lo sviluppo di progetti dalla ricerca di base all’applicazione industriale. Dall'inizio della pandemia, però, gli orizzonti si sono allargati e questa fondazione può rappresentare un aiuto fondamentale al nostro Paese per combattere e vincere la pandemia. È lì che da un anno si studiano gli anticorpi monoclonali: il lavoro dei ricercatori è arrivato alla fase conclusiva e tra pochi giorni inizierà la fase più importante, la sperimentazione sulla popolazione. "Le varianti hanno bisogno di molta attenzione, hanno messo in crisi molti anticorpi monoclonali sviluppati fino ad ora. I nostri per fortuna appartengono ad anticorpi monoclonali di seconda generazione che riescono a neutralizzare anche le varianti, inglese, sudafricana e brasiliana". Lo ha annunciato Rino Rappuoli, Direttore scientifico e responsabile della attività di ricerca e sviluppo esterna presso GlaxoSmithKline (GSK) Vaccines di Siena e coordinatore della ricerca sugli anticorpi monoclonali di Toscana Life Sciences, intervenendo ad 'Agorà' su Rai 3.
"Unici in Italia". "La nostra ricerca è l'unica fatta in Italia che sta andando avanti con le prove cliniche. I nostri anticorpi sono stati prodotti e stanno per entrare in fase clinica nelle prossime settimane. Ci aspettiamo che siano pronti per l'estate", sottolinea Rappuoli, spiegando che "gli anticorpi monoclonali sono la prima cura che sarà a disposizione contro il Covid. Sono una difesa naturale perché vengono presi da persone che sono convalescenti e utilizzati per curare. Possono essere usati anche per prevenire la malattia."
Ecco l'anticorpo contro il Covid-19
Grazie alla collaborazione con l'ufficio stampa della Fondazione, siamo riusciti a saperne di più a pochi giorni dall'inizio delle sperimentazioni cliniche. Abbiamo parlato con due ricercatori che hanno illustrato tutto il processo che ha portato alla costruzione dell'anticorpo monoclonale made in Toscana. "Gli anticorpi monoclonali sono una parte di proteine prodotte dall'organismo umano che servono per difenderci dall'attacco di virus, batteri e patogeni di varia natura. Anche nel nostro caso, l'anticorpo monoclonale è stato isolato da soggetti che erano stati esposti all'infezione da Sars-Cov-2 e che avevano naturalmente prodotto anticorpi nel loro plasma", ci ha spiegato Emanuele Andreano, ricercatore del Mad Lab di Tls che ha illustrato come il lavoro principale sia consistito nell'identificare gli anticorpi più potenti ed in grado di neutralizzare a bassisime concentrazioni il virus in modo da prevenire l'infezione. Il meccanismo d'azione dell'anticorpo stesso prevede il blocco della proteina Spike del virus, quella che ha la funzione di infettare le cellule dell'ospite e, bloccando la Spike, si evita la malattia da Sars-Cov-2.
"Al via prove cliniche". Come affermato dal Prof. Rappuoli, le prove cliniche inizieranno a giorni. "Stiamo ultimando la parte burocratica per regolare tutta la sperimentazione, parte critica e massiva di tutto il lavoro, c'è un'enorme quantità di test per valutare che il farmaco sia sicuro prima di entrare nei trials clinici. Tutti questi passi sono stati fatti, stiamo ultimando soltanto gli ultimi aspetti burocratici", sottolinea Andreano.
Come si somministrano i monoclonali
Ma questi anticorpi si somministrano prima che la malattia diventi importante o anche in casi gravi di pazienti in terapia intensiva? "Gli anticorpi hanno l'enorme vantaggio di poter essere utilizzati sia a scopo profilattico che terapeutico. Il nostro studio prevede, per adesso, un uso terapeutico", ci spiega il ricercatore, che ci ha illustrato le tre fasi cliniche che "prevedono la somministrazione iniziale in soggetti sani per vedere e valutare quella che viene chiamata 'safety and tolerability', quanto è sicuro e quanto è tollerato il farmaco. Successivamente, ci si sposta su soggetti che hanno l'infezione, inizialmente su quelli in fase moderata. In base a quali saranno i risultati clinici, vedremo se è necessario anche nell'utilizzo su soggetti con infezione acuta oppure se utilizzarli sono per situazioni moderate. Dipenderà dall'outcam degli studi clinici".
Differenze con quelli della Lilly. In un nostro approfondimento (clicca qui per il Focus) ci siamo occupati degli anticorpi migliori in questo momento, quelli dell'azienda americana Ely Lilly, che riducono del 70% la carica virale e dell'80% il rischio di contrarre la malattia. "La possibilità e la quantità di anticorpi monoclonali che vengono prodotti è enorme, di conseguenza anche quelli prodotti da diverse parti, di per sè, nonostante abbiano come obiettivo comune quello di neutralizzare il Covid, possono avere delle grandi differenze - ci dice Andreano - Nel caso di Ely Lilly, anche loro utilizzano un singolo anticorpo ma differente da quello che utilizziamo noi. Regeneron, invece, è un cocktail di due anticorpi ed è definito policlonale perché ha le giuste copie di due anticorpi diversi messi insieme. Nel nostro italiano, invece, è monoclonale perché sono tante copie dello stesso anticorpo, l'unico che abbiamo visto essere il più potente".
Varianti, somministrazione e costi
Il Prof. Rappuoli, capo della ricerca, ha anticipato quello che abbiamo chiesto in maniera più approfondita ad Emanuele Andreano, e cioè se l'anticorpo prodotto da Toscana Life Sciences riesce a neutralizzare anche le varianti più pericolose del Covid-19. "Le stiamo studiando, il nostro anticorpo ha già dimostrato di essere in grado di neutralizzare più varianti. Teniamo la situazione sott'occhio per essere sicuri che, qualora escano nuove varianti, testeremo l'anticorpo contro quelle emergenti ma, dati alla mano, sappiamo precisamente cosa andare a vedere. Fin quando determinate cose non accadranno in natura, siamo sicuri che il nostro anticorpo funzionerà contro le diverse e numerose varianti emergenti", ci dice. Tls, logicamente, non può prevedere come saranno utilizzati gli anticorpi perché sono decisioni esterne alla Fondazione e decise dagli enti regolatori con dati clinici alla mano. "È assolutamente prematuro parlarne adesso", ci dice la responsabile comunicazione Irene Niccolini, tutto sarà calcolato "sulla base dei risultati della fase clinica che sta per partire", sottolinea.
Dosaggio e somministrazione. Su questo aspetto, però, abbiamo scoperto qualcosa che potrà cambiare in meglio la terapia quando verrà utilizzata su larga scala. "Vista l'estrema potenza del nostro anticorpo, il nostro obiettivo è quello di poter diminuire il dosaggio mantenendo l'efficacia dell'anticorpo stesso così da poter utilizzare delle vie di somministrazione diverse da quelle già in utilizzo, tutte per via intravenosa". Minore dosaggio, quindi, significa maggiori anticorpi per la popolazione ed una via diversa e meno invasiva da quella attualmente utilizzata. "Noi vorremmo spostarci su una somministrazione per via intramuscolare che ha due enormi vantaggi: evitare l'affollamento di ospedali per la somministrazione dell'anticorpo che può essere un grosso problema soprattutto con ospedali convertiti a reparti Covid e facilitare la somministrazione: quella intravenosa può durare anche parecchie ore, quella intramuscolare è molto più rapida e può avvenire sia dal medico curante o anche, eventualmente, come somministrazione autonoma. Sono tutte valutazioni che verranno fatte con il senno di poi", afferma il ricercatore.
Come abbattere i costi. Insomma, si lavora in grande: se le cose andranno davvero così, gli anticorpi made in italy saranno fruibili da più persone ed in maniera più efficace ma un'altra grande novità riguarda i costi, che si potranno abbattere grazie alla forza dell'anticorpo isolato e riprodotto. "Molto del costo dipenderà anche da quanto anticorpo bisognerà utilizzare: maggiore è la potenza e più sarà possibile ridurre la quantità di anticorpo necessaria da somministrare per essere efficace. Più si riesce a diminuire la dose e minore sarà il costo", dice Emanuele. Per capire, alcuni anticorpi già in uso clinico costano migliaia di dollari per somministrarne soltanto 7-8 grammi. "Noi cercheremo di dimunirlo di 30-40 volte, se i dati clinici sosterranno che il dosaggio minimo che vogliamo provare è sufficiente ad essere efficace, ovviamente i costi andranno ad abbattersi".
L'importanza della ricerca
Necessita di un risalto importante quanto sia importante la ricerca scientifica: senza i progressi che sono stati fatti negli ultimi 10 anni, la velocità con la quale sono stati sviluppati vaccini e anticorpi monoclonali non sarebbe mai stato possibile. Poteva essere ancora più veloce e con danni inferiori a livello globale con un continuo e costante riflettore sulla ricerca. "I riflettori vanno mantenuti accessi, non soltanto adesso che c'è bisogno di una soluzione ma è molto più importante essere pronti ad affrontare un problema quando è necessario. Si dice che un grammo di prevenzione vale un chilo di cura, essere pronti con la ricerca ci permette di affrontare i problemi nel mondo reale", afferma Emanuele.
Elisa ed i ricercatori, un lavoro iniziato un anno fa
La Dottoressa Elisa Pantano è entrata un anno fa, in piena emergernza pandemica, a far parte del gruppo di lavoro di Tls vivendo le fasi più intense del lavoro in laboratorio nell'attività che ha riguardato tutta la selezione degli anticorpi fino alla scelta definitiva. "Mi sono unita al team di ricerca ad aprile che aveva cominciato a lavorare da due mesi abbondanti, dalle prime notizie del virus trovato a Codogno. Aprile è stato uno dei mesi più intensi, le ricerche erano già arrivate ad un discreto punto: da 21 anticorpi molto potenti siamo scesi a tre, ancora più potenti, per poi selezionare il nostro anticorpo adesso in produzione", ci racconta Elisa che descrive come, mentre la vita esterna italiana si era fermata a causa del lockdown, in quei laboratori c'era massimo fermento. "Eravamo in pieno lockdown, le strade erano deserte ma dentro, noi, non ci fermavamo un attimo. In quei mesi entravamo a lavoro la mattina e non era pianificabile quando saremmo usciti la sera".
Il gruppo è composto da 18 persone, non minuscolo ma nemmeno così grande, e per questo motivo ognuno di loro ha avuto un ruolo fondamentale nella messa a punto dell'anticorpo monoclonale. "Eravamo tutti strettamente coinvolti nell'intera catena di ricerca, c'è stato un lavoro immenso da parte di ognuno di noi, dal primo all'ultimo. Se qualcuno si fosse interrotto, sarebbe venuto a mancare l'intero risultato in tempi così brevi, è stato tutto particolare da vivere", ci racconta Elisa. Tls è partita con le ricerche sul sangue di pazienti che avevano avuto l'infezione da Covid-19 che veniva fornito sia dall'ospedale di Siena che dall'Istituto Spallanzani di Roma.
"Da lì, tramite tecniche di laboratorio e specifici esperimenti, si sono creati questi anticorpi monoclonali e si è andati avanti con gli studi in vitro nel modo più completo. È stato emozionante ma nessun giorno era scontato", conclude la ricercatrice.Non resta che attendere, fiduciosi e speranzosi, ancora pochi giorni: il virus ha davvero i giorni contati.
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