Caso Pipitone, l'intercettazione: "Denise l'ha uccisa mamma"

Un perito ha riferito in aula le parole che la sorellastra Jessica disse alla sorella minore

Piera Maggio, madre di Denise Pipitone, un una foto del 27 giugno 2013
Piera Maggio, madre di Denise Pipitone, un una foto del 27 giugno 2013

Da un’intercettazione ambientale dell’11 ottobre 2004, riferita oggi in aula da un perito al processo sulla scomparsa della piccola Denise Pipitone, 4 anni, avvenuta a Mazara del Vallo (Tp) l’1 settembre di quell’anno - la sorellastra Jessica Pulizzi dice alla sorella minore Alice, mentre è a casa della madre Anna Corona, «Quanno eramu ’ncasa, a mamma l’ha uccisa a Denise». Alice, di rimando, le chiede: «A mamma l’ha uccisa a Denise?». Jessica: «Tu di sti cosi unn’ha parlari» (non ne devi parlare). Alice: «È logico».

L’intercettazione l’ha rivelata davanti alla terza sezione della Corte d’appello di Palermo il perito Massimo Mendolìa, al quale è stato affidato il compito di ascoltare e trascrivere una parte della mole di intercettazioni effettuate dagli inquirenti subito dopo la scomparsa.

Quel giorno Alice doveva recarsi in Procura, a Marsala, per essere interrogata. Per il consulente della difesa, però, la decisiva frase che Jessica avrebbe pronunciato non si sente; e l’imputata, assistita dagli avvocati Gioacchino Sbacchi e Fabrizio Torre, quando disse alla sorella «Tu di sti cosi unn’ha parlari» si riferiva ad altro.

«La frase che avrebbe pronunciato Jessica - afferma l’avvocato di parte civile Giacomo Frazzitta, legale di Piera Maggio, madre di Denise - è molto inquietante» e sarebbe saltata fuori solo adesso perchè appena bisbigliata: è stato possibile ascoltarla e trascriverla - secondo il perito - solo dopo un’opera di filtraggio e pulitura dei nastri magnetici.

Alla prossima udienza, il 16 gennaio, sarà ascoltata Alice Pulizzi. Jessica, il 27 giugno 2013, è stata assolta dal Tribunale di Marsala dall’accusa di concorso in sequestro di minorenne «per non aver commesso il fatto».

Anche se con la formula del secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura penale. E cioè per «mancata o insufficiente formazione della prova».

Per l’imputata, sorella per parte di padre (Piero Pulizzi) di Denise, i pubblici ministeri Francesca Rago e Sabrina Carmazzi avevano chiesto 15 anni di carcere, il massimo della pena per il reato contestato.

Anche Anna Corona, assieme ad altri, era stata indagata per concorso in sequestro, ma su richiesta della Procura il procedimento fu archiviato.

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