Fiducia, dolore, voglia di lottare. Sono sentimenti e sensazioni che esprime Massimo Bossetti in una lettera inviata a Giovanni Terzi.
In carcere per l’omicidio di Yara Gambirasio, il muratore è in attesa di un’udienza il 19 maggio: la Corte d’Assise di Bergamo si pronuncerà sulla possibilità o meno, da parte della difesa di Bossetti, di analizzare numerosi reperti - tra cui diversi campioni di Dna rinvenuti su ciò che indossava la vittima - che sono risultati fondamentali nell’individuazione dell’uomo come Ignoto 1, ritenuto responsabile dell’omicidio.
“Sono fiducioso - scrive Bossetti nella sua missiva pubblicata da Libero - in questa udienza che mi darà la certezza di una svolta decisiva a questo caso. Credo nella giustizia, anche se fino adesso non mi ha dato la possibilità di dimostrare la mia innocenza ed è un bene che ora me ne dia atto. Spero che questi reperti siano stati conservati correttamente come più volte ho chiesto perché solo, e ripeto solo, attraverso l'esame di questi potrà essere evidenziato il clamoroso errore giudiziario! Io sono innocente e non smetterò mai ne di gridarlo ne di lottare per dimostrarlo. E vi dico con tutta la mia forza che Yara non ha ancora avuto giustizia”.
Il nodo della conservazione dei reperti è il grande interrogativo che pesa sul suo capo come una spada di Damocle. Non solo si suppone che queste prove possano essere state consumate a causa del necessario lavoro dei Ris, a suo tempo, su esse, ma si teme che non siano state conservate correttamente dal Tribunale di Bergamo. Ci si chiede nello specifico se il tribunale possieda un congelatore, necessario alla conservazione dei reperti affinché essi possano continuare a “parlare”, a testimoniare cosa potrebbe essere accaduto alla giovane Yara.
“Ormai quasi tutto mi è stato sottratto - continua a sfogarsi Bossetti nella lettera - l'affetto dei miei cari, l'amore dei miei amatissimi figli che diventano grandi senza avere al loro fianco la propria figura paterna. Sempre più lontani ma vicini attraverso la forza del pensiero. Anche su di me rimane un profondo vuoto nel cuore, nell'anima dove solo il dolore e la sofferenza mi fanno ogni giorno compagnia avendomi strappato, per sempre dalla mia vita e portandomi via quanto più al mondo che amo. La presenza dei miei figli è vita per me. Questo è un motivo in più per cui non smetterò mai di lottare”.
La difesa di Bossetti, incarnata dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, aveva già chiesto l’analisi dei reperti nel novembre 2019. L’analisi potrebbe raccontare ipotesi diverse sul colpevole dell’omicidio di Yara: è questo che spera il muratore con i suoi legali, perché questo potrebbe portare a una revisione del processo.
Yara Gambirasio è scomparsa il 26 novembre 2010 a Brembate di Sopra: il suo corpo fu ritrovato il 26 febbraio 2011 a Chignolo d’Isola. Il Dna ritrovato sui suoi indumenti permise di isolare il Dna di Ignoto 1, che l’indagine scientifica prima e la giustizia poi riconobbero in Massimo Bossetti, condannato in Cassazione all’ergastolo nell’ottobre 2018.
Bossetti, che non ha mai smesso di proclamarsi innocente, aveva scritto già un’altra lettera nei giorni scorsi. Nella missiva, che è stata letta a “Quarto Grado”, il muratore esprimeva le sue speranze e si riferiva a Yara come “la figlia di tutti noi”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.