Donna fermata a Bergamo: è lei la "Bionda" delle stragi di mafia del 1993?

Fermata a Bergamo dal Ros di Firenze Rosa Belotti, imprenditrice bergamasca, ex pregiudicata sospettata di essere una delle misteriore donne delle stragi del 1993

Donna fermata a Bergamo: è lei la "Bionda" delle stragi di mafia del 1993?

È stata fermata mercoledì mattina dal Ros di Firenze, su delega dei due procuratori aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli, con il coordinamento del procuratore capo Giuseppe Creazzo, Rosa Belotti, imprenditrice di 57 anni residente a Bergamo.

Un nome che non dice nulla, ma che in queste ore sta rimbalzando un po’ su tutti gli organi di stampa con un’ombra sinistra a circondarlo. La donna sarebbe infatti accusata di aver guidato la Uno bianca imbottita di T4 che, il 27 luglio del 1993, esplose in via Palestro a Milano, spazzando via la vita di cinque persone. Come se non bastasse, ora la donna è sospettata anche di aver preso parte all’attentato in via dei Georgofili, a Firenze, che due mesi prima di quella di via Palestro, nella notte tra il 26 e il 27 maggio 1993, distrusse un’ala della Galleria degli Uffizi e provocò la morte di altre cinque persone, tra cui due sorelle, una di nove anni e un’altra di nemmeno due mesi.

Gli investigatori sono arrivati a lei dopo un’attività d’indagine durata quasi trent’anni e cominciata quando ad Alcamo, in Sicilia, viene rinvenuto un arsenale sospetto. Una storia intricata che ha inizio il 29 settembre del 1993, quando – a seguito di una soffiata – un agente di polizia trapanese, Antonio Federico, arriva a individuare due carabinieri in possesso di una vera e propria santabarbara, la cui origine resta tutt’ora avvolta dal mistero, ma che le cronache dell’epoca indicarono come appartenente alla struttura clandestina di area Nato Gladio, che proprio a Trapani aveva uno dei suoi centri più importanti: la base Skorpione.

Nel corso della perquisizione, l’agente di polizia trovò all’interno di un libro una fotografia ritraente una giovane donna bionda. Foto consegnata solamente dodici anni fa ai magistrati.

L’importanza di questo elemento risiede nel fatto che, poco prima dell’esplosione di via Palestro, due testimoni videro un uomo e una ragazza bionda, apparentemente di circa trent’anni, uscire dalla Uno bianca appena parcheggiata nel punto in cui poi avvenne la deflagrazione.

Mercoledì mattina, l’apparente svolta. Nel decreto di perquisizione di Rosa Belotti si legge: “[...] a distanza di 28 anni, l’impiego dell’applicativo C-Robot, utilizzato per la comparazione di foto segnaletiche e persone scomparse, ha consentito di identificare l’effige rinvenuta con la foto segnaletica del 1992 ritraente Rosa Belotti, altra 173 cm, imprenditrice, pregiudicata per reati concernenti traffici di stupefacenti, legata almeno dal 1991 al pluripregiudicato campano Rocco Di Lorenzo, vicino al clan La Torre di Mondragone”.

La tecnologia ci ha dunque messo lo zampino. Grazie a una foto segnaletica risalente a un anno prima delle due stragi per cui la Belotti sembrerebbe essere coinvolta, si è arrivati a una comparazione con un grado di affidabilità di quasi il 70%.

Ex moglie di Rocco Di Lorenzo, napoletano accusato di essere a capo di un clan dedito all’antica pratica dell’estorsione, fino a prima dell’arresto la Belotti lavorava in una ditta di guarnizioni industriali nel bergamasco e la sua posizione è attualmente in fase di verifica da parte degli inquirenti. A giorni è previsto l’interrogatorio, ma la prudenza è d’obbligo e lo si evince chiaramente dal comunicato diffuso giovedì mattina dalla procura di Firenze: “Nell’ambito delle indagini sulle stragi terroristico eversive del biennio 1993-1994, condotte dalla Procura della Repubblica di Firenze, il ROS dei Carabinieri di Firenze ha eseguito in Lombardia un decreto di perquisizione, ispezione e sequestro nei confronti di una donna che si ipotizza essere coinvolta nell’esecuzione materiale, con funzioni di autista dell’auto imbottita di esplosivo, dell’attentato del 27 luglio 1993, compiuto in via Palestro a Milano in pregiudizio del Padiglione di Arte Contemporanea, in concorso con appartenenti a cosa nostra già condannati con sentenza passata in giudicato. Si segnala che l’atto è compiuto nel corso di indagini preliminari e che l’eventuale responsabilità dell’indagata necessità di un vaglio giurisdizionale”.

A 30 anni dalle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, una novità per certi versi inaspettata che riaccende l’attenzione su quelle presenze ancora mai chiarite di contorno a Cosa nostra. Presenze su cui si concentra un lavoro durato anni del giornalista Massimiliano Giannantoni, che in primavera uscirà con un libro in pubblicazione per Chiarelettere e che, alla luce di quanto accaduto a Bergamo, promette di far discutere e rovinare i sonno di qualcuno.

Il riserbo sui contenuti del libro è ancora massimo, ma una cosa la possiamo dire: Rosa Belotti (che avrebbe anche un nome in codice ancora top secret) – per quanto la sua posizione sia ancora tutta da accertare e il tutto possa trattarsi di un enorme equivoco – potrebbe non essere l’unica donna a dover ricostruire di fronte agli investigatori dove si trovasse in occasione di alcuni dei più gravi fatti di sangue accaduti nel

biennio 93/94. Potrebbero esserci altre donne, magari inserite (in passato o tutt’ora non è dato saperlo) in delicati settori paralleli allo Stato, che presto o tardi saliranno agli onori delle cronache.

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