"Dovevamo usare le molotov". Ma i black bloc fanno flop

Avevano preparato caschi, fumogeni e spranghe. Ma la polizia ha rovinato la "festa" dei black bloc a Roma durante l'anniversario dei Trattati di Roma

"Dovevamo usare le molotov". Ma i black bloc fanno flop

Nell’aria si respirava la voglia di menar le mani. I caschi anti-manganello legati allo zaino, gli impermeabili neri a portata di mano e le sciarpe per coprirsi dai fumogeni. Come un copione scritto mille altre volte, i festeggiamenti per il 60esimo anniversario dei Trattati di Roma potevano essere la vetrina perfetta per una nuova prova di forza di no global e black bloc. Ma le azioni preventive di polizia e carabinieri hanno impedito agli antagonisti di portare a termine quello che il questore ha chiamato un “progetto di devastazione della città (guarda il video).

Che “Euro Stop” fosse una protesta dalle due anime non era un mistero. In testa i “pacifici”, dietro centri sociali e facinorosi. Il piano degli aspiranti black bloc prevedeva l’attacco alle forze dell’ordine secondo tattiche da guerriglia consolidate nel tempo: spezzare il corteo a metà tragitto, nascondersi dietro i fumogeni per coprirsi i volti, indossare le maschere antigas e armarsi con spranghe e martelli. Tutto studiato. Come sempre.

Peccato che stavolta la festa sia finita male. Anzi: non è mai cominciata. Due ragazzi alla guida dello spezzone antagonista avevano i fumogeni legati alla cintura. Gran parte dei contestatori si dicevano pronti a “spaccare tutto”. Ma la polizia nelle ore precedenti la sfilata anti-europeista aveva già sequestrato spranghe di ferro, bastoni e maschere antigas nascoste lungo il percorso della marcia. E così lo spezzone “pericoloso” del corteo è stato colto in castagna dalle forze dell’ordine. Disarmati e mazziati.

La sfilata parte intorno alle 15 di ieri. A Roma si suda ben oltre le attese primaverili. Dopo aver lasciato porta San Paolo, Cobas, socialisti, comunisti, No Tav, immigrati e via dicendo puntano verso il fiume. Tutto regolare. Nessuno scontro, né scritte sui muri. Sul Lungotevere Aventino, a pochi metri dall’accesso alla Bocca della Verità, un gruppo di capetti di chissà quali gruppi si ferma per alcuni minuti a parlare, perdendo tempo. Il questore allora ne approfitta: i mammut e le camionette della polizia lasciano le loro postazioni per avanzare fino a costringere i centri sociali tra due fuochi: di fronte gli idranti della celere e dietro i manganelli dei carabinieri. Nessuna via di fuga, se non una stradina laterale subito sbarrata.

L’azione delle forze dell'ordine è stata rapida e indolore. Disorientati, i manifestanti chiusi in gabbia hanno urlato, protestato, gridato indignazione. Prima si sono sdraiati a terra in protesta. Poi hanno provato ad avanzare: ma ormai la frittata era fatta. Nello spicchio di Capitale in cui si sono ritrovati reclusi, stretti tra il Tevere e le mura del parco Savello, l’entusiasmo e la voglia di “spaccare tutto” si sono sciolte come gelati al sole.

Il resto non merita neppure la cronaca. La rabbia è sfociata in cori senza mai andare oltre. Troppo alto il numero di poliziotti impegnati nelle operazioni. Il corteo si è così spento e disperso al Circo Massimo con la promessa di rivedersi al prossimo G7 di Taormina. Forse in Sicilia torneranno i black bloc.

Per ora ha vinto la polizia. Il questore ha declamato come un trofeo i numeri di un sabato di marzo conclusosi nel migliore dei modi. Senza feriti, né scontri o problemi. Un successo. Ci sono state oltre 2000 persone controllate, 122 condotte negli uffici di polizia per ulteriori accertamenti. A 30 no global è stato notificato il foglio di via obbligatorio. Gli autobus provenienti da Torino e Venezia sono stati bloccati all’ingresso di Roma. Per quasi un’ora gli organizzatori atteso l’arrivo dei “compagni” di lotta. Inutilmente.

La narrazione dei vari centri sociali, No Tav e antagonisti dirà che non avevano mai pensato di creare disordine. Dirà delle veline del Viminale pubblicate sui giornali, dall’allarmismo preventivo e tutto il resto. Protesteranno per settimane per la “reclusione” dei 120 manifestanti bloccati in autostrada prima dell’ingresso a Roma. Ma i fatti dicono che se fossero riusciti a celare meglio le spranghe e se la polizia non li avesse separati dal resto del corteo, forse le cose sarebbero andate diversamente.

"Ero pronto a tutto, non avevo paura di nulla”, ammetteva a denti stretti sulla via del ritorno un giovane di Bologna.

"Qui non c'è da dialogare con la polizia, c'è bisogno d'azione". Sulla stessa linea una ragazza bresciana: "È vero, servivano solo le molotov”. Nell’aria si respirava la voglia di menar le mani. Ma stavolta è stato un “black flop”.

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