Draghi promette: no tasse. Ora la palla passa ai partiti

Quando la politica parla di tasse ci si muove su una strada stretta, scomoda, come un sentiero di alta montagna, con il rischio di avventure pericolose dietro ogni passo

Draghi promette: no tasse. Ora la palla passa ai partiti

Quando la politica parla di tasse ci si muove su una strada stretta, scomoda, come un sentiero di alta montagna, con il rischio di avventure pericolose dietro ogni passo. Questo vale per i governi, per i partiti, per chi va in cerca di voti e per chi li deve dare. Se poi ci metti vicino la parola casa il percorso si fa ancora più insidioso. Neppure Mario Draghi può fare finta di nulla. Finora è riuscito a muoversi senza dare troppo peso ai mugugni che arrivano da una parte o dall'altra della sua maggioranza strabica, nata per rispondere alla pandemia e portare l'Italia fuori dall'emergenza. Questa volta non può permettersi strappi o colpi di mano. È una questione troppo delicata. Il capo del governo ha presentato la bozza di delega fiscale al Consiglio dei ministri. È una delle riforme necessarie per ottenere dall'Europa i soldi del Recovery. Il Pd ormai non ha problemi a passare come il «partito delle tasse». I Cinque stelle sono allo sbando e Conte non controlla i suoi ministri. Forza Italia su questo punto ha tracciato una linea che non si può superare e la Lega ha disertato la riunione, alzando barricate. Tutto questo avveniva mercoledì e si è alzata parecchio la tensione. Quando hanno chiesto a Draghi se si rischiava una crisi di governo la risposta è stata: chiedetelo a Salvini. Non si era mai irrigidito così tanto. La realtà è che per ora sulla casa ci si limita a una sorta di censimento. C'è l'esigenza di mettere ordine e disegnare la mappa del patrimonio immobiliare italiano. È anche un modo per fare chiarezza. Il punto delicato è nell'articolo 7 comma 32 lettere A e B. È lì che si parla di riforma del catasto e di aggiornare le rendite. È il passaggio del testo che ieri Salvini ha chiesto di cancellare in Parlamento. Toccherà alle forze politiche trovare una soluzione.

Draghi è a Brdo, in Slovenia, al vertice Ue sulla Nato. È da lì che spiega la politica sul catasto. È una risposta a chi non si fida. «Il governo va avanti. La sua azione non può seguire il calendario elettorale, perché deve seguire quello delle riforme». Poi rassicura: non è una patrimoniale, non ci saranno più tasse. Ricorda una sua promessa: questo non è il tempo di chiedere ma di dare. Allora di cosa si tratta? «È un'operazione di trasparenza, dura 5 anni e sulle tasse una decisione ci sarà nel 2026. Anzi, secondo alcuni, è possibile che la revisione delle rendite possa portare al calo dell'imposizione». Qualcuno si chiede perché mettere proprio adesso sul tavolo la questione della casa. Non è difficile da immaginare. Draghi deve dare un segnale all'Europa, e in particolare alla Germania, un segnale che le cose in Italia stanno cambiando. I tedeschi da sempre si chiedono perché l'Italia abbia un debito pubblico così alto e gli italiani siano in gran parte proprietari di case. È, per loro, un'anomalia. Ci sono un milione e 200mila immobili non accatastati. Questo censimento è un primo passo per mettere ordine, poi tra cinque anni si vedrà. Il 2026 diventa così anche l'arco temporale dell'azione politica di Draghi.

La discussione sulla casa per ora si placa con un compromesso, con un ruolo fondamentale di Forza Italia, che ha mediato anche in Consiglio dei ministri per non inasprire lo scontro e per spingere Draghi a ribadire che non sta spacciando sotto banco una patrimoniale nascosta. Lo precisa anche Mariastella Gelmini: «Non avremmo mai approvato, e non lo faremo neppure in futuro, un inserimento della pressione fiscale sulle case degli italiani, già peraltro piuttosto esose». Renato Brunetta è più netto: «Patrimoniale? È ridicolo solo pensarlo». Il governo supera in questo modo la turbolenza e sposta le diverse visioni presenti in questa maggioranza un po' più in là.

È chiaro che il confronto sulla patrimoniale non sparirà dal dibattito politico. Non è difficile immaginare che questo tema sarà uno dei punti chiave delle prossime campagne elettorali. Draghi per una volta scarica la palla ai partiti e di sponda anche agli elettori. Il fisco resta una delle grandi questioni irrisolte e va oltre gli orizzonti della casa. Le tasse, e l'evasione, sono con la burocrazia il freno che limita le possibilità di sviluppo dell'economia italiana.

È il nodo che nessun governo è riuscito mai davvero a sciogliere. Draghi torna a chiedere fiducia: «Sono passati 7 mesi e non abbiamo aumentato nulla. Abbiamo avuto molte richieste di farlo e abbiamo detto a tutti di no: un po' di credibilità l'avremo acquistata».

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