"Le strumentalizzazioni sul diritto a manifestare lasciano il tempo che trovano, ma vorrei rassicurare tutti i cittadini - qualora ce ne fosse bisogno - che non negheremo a nessuno di esprimere il dissenso". Giorgia Meloni rivendica la stretta sui rave abusivi. Giusto, dice, perseguire coloro che "occupano abusivamente aree private o pubbliche, senza rispettare nessuna norma di sicurezza, favorendo spaccio e uso di droghe". Ma mette un punto fermo sulle polemiche divampate nelle scorse ore.
Contro la norma introdotta dal ministro Matteo Piantedosi si è scagliato il segretario del Pd, Enrico Letta, nonostante le precisazioni arrivate proprio dal Viminale sulla peculiarità del provvedimento, che mira a scongiurare le occupazioni abusive finalizzate all’organizzazione dei raduni. "I rave non c’entrano nulla è la libertà dei cittadini che così viene messa in discussione", è stato l’affondo del capo del Nazareno. Il leader del M5S, Giuseppe Conte, non è da meno. Parla di modalità di intervento "raccapriccianti" e accusa il governo di aver introdotto"una nuova fattispecie di reato, generica e pericolosa, che attribuisce un enorme potere discrezionale ai tutori dell’ordine pubblico che debbono prevenire e un potere sanzionatorio abnorme ai giudici chiamati a condannare". "Quel testo - incalza - va fermato e cambiato, subito".
Il giro di vite contro lo sballo senza regole non piace alla sinistra. Più Europa evoca il "putinismo", Nicola Fratoianni, dell’Alleanza di Verdi e Sinistra ci vede un pretesto per reprimere "cortei sindacali, mobilitazioni studentesche o proteste dei comitati e dei movimenti come quelle che in questi mesi si sono sviluppate a Piombino". Diversi esponenti del Pd parlano di "bavaglio al dissenso", "norma liberticida", "destra illiberale". Per il costituzionalista Stefano Ceccanti, ordinario di Diritto Pubblico Comparato e deputato nelle file dei dem nella scorsa legislatura, "non si sentiva alcun bisogno di una nuova norma contro i rave party perché è già sufficiente l'articolo 633 del codice penale".
In più, secondo l’accademico, l'espressione "può derivare un pericolo", inserita nel nuovo articolo 434 bis consentirebbe "all'interpretazione margini eccessivi di intervento". Anche la parola "ordine pubblico", secondo Ceccanti, sarebbe da evitare. "Nel testo unico fascista di pubblica sicurezza del 1931 ricorreva ben 23 volte. – osserva parlando con l'Adnkronos - I costituenti lo evitarono quindi a giusta ragione per marcare la discontinuità di una moderna democrazia liberale".
Ma gli addetti ai lavori si dividono. Per l’avvocato Pierpaolo Dell’Anno, professore di Procedura Penale all’Università Tor Vergata di Roma non ci sarebbero rischi di derive autoritarie. "La norma – spiega al Giornale.it – prevede un reato di pericolo concreto, che si inserisce tra i tanti già previsti dal nostro ordinamento, basti pensare alla strage o all’incendio della cosa propria. Parliamo, esclusivamente, della tutela di concrete situazioni di pericolo per l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica o la salute pubblica, non diversamente da quanto già previsto con riferimento ai reati disciplinati dal Titolo VI del Codice Penale, dove è stata collocata la nuova fattispecie".
"Peraltro, - aggiunge - l’invasione di terreni è già stata prevista come reato nella versione originaria del nostro codice, mentre per la configurabilità del reato di nuova introduzione occorre che via sia, ulteriormente, una minaccia concreta per i beni giuridici tutelati, specificamente individuati dalla norma". Stabilire di volta in volta cosa costituisca pericolo concreto è valutazione tecnico-discrezionale affidata al giudice. Ma è da escludere, secondo il docente, che la norma anti-rave party possa servire come grimaldello per inficiare l’articolo 17 della Costituzione che stabilisce il diritto dei cittadini di riunirsi pacificamente, anche e soprattutto in virtù del riferimento al requisito dell’invasione, che postula l’ingresso illecito e non autorizzato in un luogo di proprietà altrui.
L’esempio che fa è calzante: "In Italia esiste ancora il reato di radunata sediziosa di dieci o più persone che l’articolo 655 del Codice Penale punisce con l’arresto fino ad un anno. Nonostante risalga al fascismo, la Corte Costituzionale lo ha ritenuto compatibile con l’articolo 17 della Carta in tre occasioni, l’ultima nel 1984".
"Si tratta – conclude Dell’Anno - di una norma molto più vaga e meno specifica di quella della quale si sta discutendo. E se non è stato considerato anticostituzionale il reato di radunata sediziosa, figuriamoci se può esserlo uno che punisce i rave illegali in maniera sufficiente determinata e conforme al principio di offensività".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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