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Emergenza rifiuti, così le scuole di Roma si riempiono di topi

Tra servizio scadente e cittadini maleducati a Roma decine di scuole rischiano di essere invase dai roditori. La denuncia dei presidi: "Non siamo netturbini, le istituzioni facciano la loro parte"

Emergenza rifiuti, così le scuole di Roma si riempiono di topi

“A Roma è rimasta solo Santa Pupa a proteggere i bambini”. Mario Rusconi, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi della Capitale e del Lazio non ci pensa nemmeno a trasformarsi in operatore ecologico, assieme ai suoi colleghi, per scongiurare l’invasione di ratti che minaccia le scuole della città.

Decine quelle che hanno dovuto chiudere temporaneamente i cancelli dall’inizio dell’anno scolastico per colpa della presenza dei roditori, attirati dall’immonidizia che si accumula, dentro e fuori gli istituti, a causa dei ritardi nella raccolta. “La rimozione dei rifiuti e dei materiali di risulta è di competenza degli enti locali, quindi ognuno si assuma le responsabilità che ha per legge, a partire dal Comune e dalla Asl”, attacca il portavoce dei dirigenti scolastici capitolini commentando la circolare della Azienda Sanitaria Locale che, nei giorni scorsi, ha invitato i presidi “a mettersi il cappello da Sherlock Holmes” e dare la caccia ai roditori per scongiurare le infestazioni.

Tra “topi domestici”, “ratti dei tetti” e “ratti delle chiaviche”, Rusconi la definisce ironicamente un “trattato di topologia”. Ma se lo scrupoloso elenco delle più ripugnanti specie di roditori fa sorridere, d’altra parte l’allarme lanciato dalla missiva firmata dal direttore del Servizio Igiene e Sanità Pubblica della Asl Roma 2 è tristemente reale. Con l’emergenza rifiuti che ormai è diventata una realtà quotidiana, infatti, sono sempre di più le scuole che confinano con mini discariche. E, parallelamente, aumenta per i piccoli studenti il rischio di contrarre patologie connesse al morso dei topi, così come ai batteri presenti nei parassiti e nelle deiezioni dei roditori.

Nella scuola Andersen di Primavalle, periferia nord-ovest di Roma, l’altra mattina un topo di grosse dimensioni scorazzava tra le scolaresche pronte ad andare in gita. Non c’è da stupirsi visto che, tutt’intorno, la spazzatura abbandonata ai lati dei cassonetti inonda letteralmente i marciapedi. Ma oggi, ci dicono alcune mamme, la situazione non è delle peggiori. “Ogni mattina le mie bimbe arrivano a scuola tappandosi il naso, siamo costretti a fare lo slalom tra i cumuli di rifiuti”, denuncia uno dei genitori che incontriamo all’uscita di scuola. E spesso l’immondizia finisce anche nel cortile dove giocano i piccoli durante la ricreazione. “Qualche mese fa abbiamo ritrovato persino delle siringhe che sono cadute nel giardino della scuola proprio dai secchi dell’immondizia”, racconta un’altra mamma. E se la raccolta dei rifiuti non funziona, il porta a porta non è da meno. Così scatoloni, mobili vecchi, plastica e scarti alimentari si accumulano ovunque. “Che cosa dobbiamo aspettare, che i topi entrino anche in cucina, o nelle mense?”, si chiedono preoccupate per la salute dei propri figli.

“Abbiamo segnalato il problema al Comune e alla presidenza del municipio e abbiamo chiesto almeno di spostare i cassonetti”, ci dicono. “Ma dal gabinetto della sindaca – testimoniano le mamme – non è arrivata nessuna risposta”. L’unico a dare ascolto alle proteste dei genitori è stato il presidente del municipio XIV, il grillino Alfredo Campagna. Nei fatti, però, la situazione non è cambiata.

Dall’altra parte della Capitale, nel quartiere della Magliana, Stella, una ragazza di 13 anni che frequenta le medie, ha sollevato la questione scrivendo un articolo di denuncia sul giornalino della scuola. Ma non è servito a molto, confessa. “Ogni giorno dobbiamo oltrepassare frigoriferi, sedie e altri mobili che rimangono abbandonati sul marciapiede per settimane”, ci racconta dopo il suono della campanella.

“Colpa della maleducazione di tanti cittadini, ma anche del servizio di raccolta dei rifiuti che, spesso, non è all’altezza”, spiega la ragazzina. Una delle tante che, neanche fossimo nel terzo mondo, è costretta a dividere i banchi con topi e spazzatura.

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