Esplode la bufera sul "piano pandemico". Una bozza inguaia il ministero

Spunta la bozza del nuovo piano contro le influenze. Gli autori confermano: il precedente era fermo al 2006

Esplode la bufera sul "piano pandemico". Una bozza inguaia il ministero

Finalmente una versione aggiornata. Si tratta ancora di una bozza, ma l’Italia sta per avere un nuovo Piano pandemico influenzale dopo le tante polemiche sorte in questi mesi di crisi da coronavirus. È un documento corposo, che fa tesoro delle tragiche esperienze passate, e che - si spera - dovrebbe aiutare il Belpaese a non farsi più trovare impreparato. Ma è anche un dossier che, se letto attentamente, interviene a gamba tesa nella madre delle disfide, quella che deve contrapposti il ricercatore dell’Oms, Francesco Zambon, e il direttore aggiunto dell’Organizzazione, Ranieri Guerra. Il Piano pandemico era aggiornato? Oppure abbiamo affrontato Sars-CoV-2 con uno strumento vecchio e inadeguato?

Le diverse opinioni in campo sono note. Zambon, così come il team di ricerca che ha redatto il dossier dell’Oms poi scomparso, ritengono che il piano pandemico risalga al 2006 e che nel 2016 sia stato solo “riconfermato”, senza alcuna modifica. Guerra, che tra il 2014 e il 2016 è stato direttore della Programmazione del ministero della Salute, invece, sostiene che fosse “in vigenza”. E che comunque non spettasse a lui aggiornarlo, ma a chi ha assunto il suo incarico nell’ottobre del 2017. Sullo sfondo ci sono quelle mail, rivelate da Report, in cui Guerra chiede a Zambon di “correggere subito” il dossier, indicando non il Piano del 2006 ma “l’ultimo aggiornamento” del 2016. “Non fatemi casino su questo”, scrive Guerra. “Così non può uscire”. "Lui voleva che io scrivessi nel rapporto che il piano era stato aggiornato - racconterà Zambon - usando proprio le parole updated and reconfirmed. Consultandomi con tutti gli autori del rapporto, abbiamo deciso assolutamente che potevamo scrivere reconfirmed".

In una recente intervista all’Agi, Guerra s’è un po’ arrampicato sugli specchi. “La modifica suggerita - ha detto - era semplicemente il riferimento formale a un piano vigente, sottolineando quindi che un piano c'era”. Vero. Va detto però che il documento del 2006 e quello del 2016 sono identici spiccicati, due gocce d’acqua. Motivo per cui Zambon&co. non la ritengono affatto una revisione, ma solo un copia e incolla. Tanto che nel testo del 2016 è rimasta pure l’indicazione di una scorta di antivirali da realizzarsi entro il 2006, cioè 10 anni prima del nuovo “aggiornamento”. Un po’ strano, no? La procura di Bergamo sta cercando di capirci qualcosa, e infatti dopo Guerra e Zambon ha convocato anche i vertici del ministero della Salute (Claudio D'Amario e Giuseppe Ruocco).

La novità è che la bozza del piano 2021-2023, pur correndo sul filo del rasoio, sembra smentire Guerra. “Il piano pandemico influenzale esistente al momento della redazione di questo aggiornamento - si legge infatti a pagina 19 - è stato redatto nel 2006 e rimasto vigente negli anni successivi”. Dunque è vero quanto dice il membro del Cts, e cioè che l’atto era “vigente”, ma è ben diverso da quanto scritto a suo tempo nella famosa mail: “l’ultimo aggiornamento” non è affatto del 2016. In più di dieci anni, insomma, l’Italia non ha mai pensato a rinnovarlo. In fondo lo hanno certificato gli attori che a marzo si sono trovati a gestire la pandemia: da Stefano Merler ad Agostino Miozzo, tutti si sono resi conto che un “piano” utilizzabile il Belpaese non lo aveva affatto.

La difesa di Guerra si articola anche su un altro punto. “Per la tempistica di aggiornamento - ha detto - essendo un piano redatto sulla base di due fattori, una differente situazione epidemiologica riguardante i virus influenzali e una diversa linea guida da parte dell'Oms, il primo era rimasto invariato dal momento della prima redazione (il 2006, ndr), mentre il secondo è cambiato nel 2018, con ben tre nuovi documenti Oms, pubblicamente consultabili, su cui avevo pre-allertato il ministro prima di lasciare il mio incarico a ottobre 2017. Non ho nulla di cui rimproverarmi”. Ma è davvero così? È vero che tra il 2006 e il 2018 non era cambiato nulla?

Anche qui, la bozza 2021-2023 sembra smentire Guerra. Nel 2009 infatti il mondo ha conosciuto una pandemia di origine suina, la H1N1, che si è diffusa “in maniera efficiente” anche se “non particolarmente grave”. Abbastanza però per giustificare la revisione del piano pandemico. Il ministero della Salute, infatti, “con scadenze periodiche e in relazione anche alle eventuali nuove conoscenze emergenti” deve rivedere la cassetta degli attrezzi. “È considerato essenziale - si legge - rivedere e aggiornare il piano nazionale di preparazione e risposta in caso di pandemia dopo ogni pandemia influenzale”. L’H1N1 del 2009 lo era, ma nonostante ciò l’Italia non ha modificato neppure di una virgola il suo piano. Il bello è che la bozza 2021-2023 si basa proprio sull’”esperienza della pandemia influenzale da virus A (H1N1) del 2009”, ignorata fino ad oggi. Possibile che nel 2021 ne teniamo conto, mentre nessuno dal 2006 ad oggi ha pensato di aggiornare il piano pandemico sulla base di quella epidemia?

Anche sulle linee guida dell’Oms, che secondo Guerra sono cambiate solo nel 2018, qualche dubbio permane. È vero infatti che il nuovo “piano” si basa sui documenti emanati nel 2018 dall’Oms, che aggiornano e sostituiscono quelli del 2005, ma è anche vero che in questi 15 anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità (e non solo) ha redatto altri diversi atti che forse avremmo dovuto tenere in considerazione. “Nel 2009 - si legge - è stato realizzato ‘Pandemic influenza preparedness and response: a WHO guidance document’, documento strategico di OMS per la preparazione alla pandemia”. Nello stesso anno è stato anche il turno del “Whole- of-society pandemic readiness WHO guidelines for pandemic preparedness and response in the nonhealth sector” che affrontano la necessità di preparare l'intera società, oltre al settore sanitario, per l'influenza pandemica". Nel 2012 poi è apparso il “Key changes to pandemic plans by Member States of the WHO European Region based on lessons learnt from the 2009 pandemic”, che riporta le principali modifiche apportate sui piani pandemici degli Stati membri nella regione europea dell’OMS”. Si tratta di un file curioso: tra i Paesi interessati ci sono molti Stati dell’Ue, tranne l’Italia. Insomma: gli altri discutevano di modifiche e noi eravamo fermi a quello del 2006? Infine, nel 2017 era stato pubblicato anche un documento sulla “preparazione e risposta all’influenza pandemica” che teneva “conto delle lezioni apprese dalla pandemia di influenza A (H1N1) e di altri sviluppi rilevanti”. Sembra difficile pensare che il quadro sia rimasto davvero invariato, come sostiene Guerra.

A rendere ancor più incredibile il fatto che per 14 anni il “piano pandemico” sia rimasto identico ci sono anche le indicazioni del nuovo documento sul “ciclo di monitoraggio, valutazione e aggiornamento”. Ogni 3 anni il piano andrebbe infatti rivisto.

“La preparazione a una pandemia influenzale - si legge - è un processo continuo di pianificazione, esercitazioni, revisioni e traduzione in azioni nazionali e regionali, dei piani di preparazione e di risposta alla pandemia. Un piano pandemico è quindi un documento dinamico che viene implementato anche attraverso documenti, circolari, rapporti tecnici”. Il nostro è rimasto invariato per quasi tre lustri.

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