Forse ci potrebbero essere novità, anche importanti, sul futuro dell’ex Ilva di Taranto, il più grande centro di produzione dell’acciaio in Europa.
Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, è stata riaperta la dataroom, dove sono depositati i dati più sensibili dell’azienda, dell’ex Ilva da parte di Intralinks, la società che ha l’incarico di custodirla. Un’azione non di poco conto in quanto l’apertura di una dataroom è possibile solo quando c’è una nuova offerta di acquisto o di affitto degli impianti, anche non vincolante. Chi possa aver manifestato interesse, però, è ancora un mistero, soprattutto dopo che il gruppo indiano Jindal ieri si è chiamato fuori dalla vicenda.
Adesso si sta studiando se davvero si possa formare una nuova cordata, magari in cooperazione fra un investitore estero e soggetti italiani. Altra notizia che potrebbe far propendere per sviluppi è la cancellazione di un roadshow negli Usa da parte di Fabrizio Palermo, amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti.
Proprio Cdp non ha, almeno ufficialmente, in programma alcuna operazione sull’Ilva. Ma niente può essere escluso. In alcuni ambienti di governo, soprattutto all’interno del Movimento 5 Stelle, un possibile intervento non sarebbe sgradito. Inoltre, molti stanno interpretando le parole del premier Giuseppe Conte che giovedì ha detto che il governo sta esplorando“tutte le opzioni possibili”.
Il Corriere della Sera sottolinea che un eventuale coinvolgimento di Cdp si scontrerebbe con diversi ostacoli difficili da superare. Innanzitutto, la SpA controllata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze non partecipa a nazionalizzazioni di imprese e non può investire in aziende in perdita.
Inoltre, Cdp dovrebbe presentarsi in cordata almeno con un investitore privato. In modo informale, il governo sta provando a contattare i grandi gruppi del mondo dell’acciaio italiano per sondare la possibilità di un coinvolgimento almeno sul piano industriale. Se un’operazione del genere prendesse corpo, la Cassa rileverebbe dall’amministrazione straordinaria dei commissari solo alcuni suoi attivi, come gli impianti.
Vi sarebbe anche un ostacolo di natura strettamente politica. I due azionisti di Cdp sono il ministero dell’Economia all’82,7% e le fondazioni al 15,9%: entrambi non sono d’accordo sull’intervento nell’ex Ilva. A favore, invece, si sarebbero parte del governo e della maggioranza giallorossa.
Sull’intricata e delicata vicenda ieri è intervenuto anche l’ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina che ha sottolineato come il governo ha un ruolo da giocare: “L’opzione numero uno resta un accordo con Mittal ma se non siamo in grado di raggiungerlo, allora bisogna passare al piano B, valutando anche una nazionalizzazione per non perdere un asset strategico”.
Inoltre, ci
potrebbe essere anche un ulteriore piano, quello della scissione: una parte dell’ex Ilva resta ai Mittal, mentre l’altra torna nelle mani dei commissari. Ma è una ipotesi per il momento che parrebbe ancora più difficile.
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