Expo, il segreto del successo del padiglione dell'Azerbaigian

Intervista a Daniele Zambelli, fondatore di Simmetrico: "Tutti oggi parlano di storytelling, ma il vero motivo per cui è necessario fare narrazione, consiste nel fatto che le aziende devono comunicare in modo diretto con i loro consumatori"

Expo, il segreto del successo del padiglione dell'Azerbaigian

La storia di Simmetrico nasce nove anni fa da un sogno di Daniele Zambelli, da sempre appassionato di comunicazione in tutte le sue forme espressive. Nel 1987 fonda un laboratorio multimediale, fra i primi in Italia ad occuparsi di progetti multimediali in rete e off line. Tra questi ci sono anche il primo portale di arte contemporanea e il primo data base sul tessile. In anticipo di un anno rispetto allo scoppio della bolla informatica, Zambelli vende la sua società e inizia una nuova vita come direttore creativo free-lance di progetti orientati agli eventi. È, quello, un periodo in cui l’"evento" rappresenta un momento fondamentale nella vita delle aziende e Zambelli nota che gli italiani non comprendono l’importanza dello "storytelling". Decide così, nel 2007, di fondare Simmetrico.

Come si è sviluppata la sua storia?

Già dal 1999 avevo iniziato a collaborare con Fiat e, all’arrivo di Sergio Marchionne, sono entrato nel gruppo di lavoro che stava sviluppando il lancio della nuova "500". Fiat crede molto nelle persone e sono diventato consulente di Fiat per la creazione di eventi nel mondo.

Riuscendo così a unire la tradizione del marchio a quelle dei luoghi…

Ho lavorato in diversi Paesi, dall’India al Messico, dalla Turchia al Brasile sino all’Azerbaigian e mi sono sempre posto questa domanda: come unire le esigenze di un brand con la cultura di un luogo? Innanzitutto creando un gruppo di lavoro formato da persone che abitano in quei Paesi, quindi con uno storytelling che nasce in Italia e che integra il marchio con le loro tradizioni locali. Tutti oggi parlano di storytelling, ma il vero motivo per cui è necessario fare narrazione, consiste nel fatto che le aziende devono comunicare in modo diretto con i loro consumatori. E non possono farlo solo con il prodotto, che è il "che cosa", ma lo devono fare con il "perché". Il consumatore si trasforma nel tuo testimonial solo se riesce a comprendere il "perché", il sogno della tua azienda. L’hanno capito bene aziende come Apple e Google. Oggi si condividono mondi e appartenenze e solo lo storytelling permette la condivisione di tutto ciò.

Spesso però le aziende si dimenticano il loro "perché"…

Questo purtroppo è vero. Pensiamo alla Kodak: nel 2011 porta i libri in tribunale, il giudice fallimentare guarda i brevetti e scopre che sono oro per la filiera digitale. Mettono così in vendita i brevetti e riescono a coprire il buco finanziario. Presi dall’emergenza e dalla paura non si erano chiesti "perché" Kodak stesse sul mercato. Le aziende spesso rincorrono i momenti e si dimenticano della loro identità. Capita spesso quando cambiano i mercati o avvengono cambiamenti di management generazionali: rimane il prodotto ma non il valore immateriale dell’azienda, quel “perché” che ti permette di migliorare.

Ma accanto al perché bisogna stare anche al passo con il mondo…

Certamente. Ed è per questo che non si può più pensare a una filiera lineare. Noi scriviamo un soggetto sul quale vengono poi strutturate tutte le capacità. Un po’ come avviene nella redazione di un giornale in cui tutte le realtà dialogano tra loro. Anche l’organizzazione deve essere il più possibile flessibile. Il concetto di catena di montaggio non funziona più. Progettare nel mondo oggi richiede essere fluidi, utilizzare una logica a spirale.

E questa è anche un po’ l’idea che ha portato alla creazione del Padiglione dell’Azerbaigian ad Expo che, tra l’altro, è appena stato premiato agli "Experience Design Awards" in America, giusto?

Sì, anche in questo caso siamo partiti dall’estrazione dei valori di quel Paese, poi declinati in una narrazione che è rimasta centrale al tavolo che ha visto sedute professionalità diverse in continua interazione fra loro. Simmetrico è stata general contractor del Padiglione e, in network con ingegneri, architetti, videomaker ed esperti in tecnologie, l’ha ideato, progettato e realizzato, dalle fondamenta sino all’ultimo bit di contenuti. Diciotto mesi di lavoro, un team di oltre trecento persone per un padiglione che è stato forse il primo di tutta Expo ad essere stato costruito. L’hanno subito ribattezzato "Il gioiello di Expo" e ha ricevuto molti premi, anche all’estero. Questo è vero. Ma, soprattutto, è vero che ha raccontato l’Azerbaigian a oltre due milioni di visitatori. E non credo sia un caso se al BIT (la Borsa Internazionale del Turismo che si è svolta l’11 e il 13 febbraio a Milano) l’Azerbaigian è stato indicato fra i mercati emergenti su cui puntano oggi maggiormente gli operatori turistici.

E adesso la vostra capacità di comunicazione è anche al servizio della cultura?

L’anno scorso abbiamo aperto la divisione Simmetrico Cultura che si occupa della realizzazione di mostre multimediali itineranti. Fra queste c’è il progetto "Pompei Insight", che si avvale della collaborazione scientifica della Soprintendenza di Pompei. La mostra racconterà nel mondo, oltre all’avventurosa storia degli scavi, i valori umanistici che, a partire dalla sua riscoperta nel 1700, hanno influenzato il pensiero e l’opera dei grandi della storia, da Freud a Picasso, da Mozart a Rothko .

Quali sono i

prossimi progetti per il futuro?

Vorrei raccontare Milano. Amo la città in cui sono cresciuto e, per questo, sto scrivendo il soggetto di un progetto di storymaking da offrire a Milano in cui narrare il suo "perché".

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