Cyberbullismo, i giudici si arrendono a Facebook

La magistratura archivia un'indagine a Caserta perché il social network non fornisce i dati richiesti dal pubblico ministero, polemica sul vuoto normativo

Cyberbullismo, i giudici si arrendono a Facebook

Facebook non collabora. Nemmeno con la magistratura e così, come riporta Il Mattino, le indagini vengono archiviate perché il social network non fornisce dati richiesti ai giudici italiani. E a questo punto l’interrogativo diventa d’obbligo: è il social network di Zuckerberg così potente da potersene infischiare delle disposizioni giudiziarie di uno Stato?

Il caso riportato in prima pagina dal quotidiano partenopeo riguarda un’inchiesta per una presunta diffamazione a mezzo web che ha finito per arenarsi davanti alla sordità di Facebook rispetto alle richieste del pubblico ministero della Procura di Santa Maria Capua Vetere in provincia di Caserta, finalizzate a raccogliere dati utili a svelare l’identità del presunto diffamatore. Tra le varie circostanze emerse, c’è quella secondo cui la creatura di Zuckerberg sia sottoposta alla legge americana che solleva da ogni responsabilità i gestori di provider rispetto ai contenuti che in essi vengono postati dagli utenti. Insomma, una babele.

I fatti riportano al centro del dibattito la zona d’ombra “giuridica” in cui finiscono per muoversi le grandi aziende internazionali che guidano il mercato delle nuove tecnologie. La legislazione, come dimostra il caso di Caserta, ha il fiato corto e non riesce a tenere il passo dei fenomeni economici e sociali che dettano pesantamente il passo al secondo decennio del terzo millennio. Nei mesi scorsi, infatti, il dibattito s’è acceso sul caso delle tasse da “abbonare” di Apple in Irlanda, contro il parere dell’Unione Europea.

Ma di casi del genere – e non solo di natura fiscale – ormai se ne contano a decine. Con il rischio di scollare ancora di più il paese legale da quello reale che finisce per leggere come privilegi vuoti normativi ormai insostenibili.

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