Il filo nero del jihad lega Tunisia e Italia

L'ombra di Ansar al sharia, fondata da Abou Iyadh e dal "gruppo di Milano": espulsi, incarcerati e liberati. Sostieni il reportage

Il filo nero del jihad lega Tunisia e Italia

Il Califfato ha inneggiato all'attacco del terrore a Tunisi, ma una delle piste più probabili porta ad Ansar al Sharia, i partigiani della legge islamica. L'organizzazione fuorilegge è stata fondata nel 2011, dopo la primavera araba, da Seifallah Ben Hassine, nome di battaglia Abou Iyadh, assieme al cosiddetto «gruppo di Milano». Tutti tunisini jihadisti della prima ora arrestati in Italia negli anni duemila e poi espulsi. La rivolta dei gelsomini a Tunisi, che ha dato il via alla primavera araba, li ha rimessi in libertà.

Ventiquattro ore prima della strage di turisti uno dei rappresentanti di Ansar, Ouanes Fékih, ha pubblicato un video in rete annunciando: «Nei prossimi giorni ci saranno grandi avvenimenti». In nome «dei fratelli in carcere in Tunisia» e a favore dei «successi» dei terroristi negli attacchi alle forze dell'ordine nella zona di Kasserine. Un ex parlamentare tunisino sostiene che Ansar avrebbe espressamente minacciato di attaccare «centri culturali». Secondo Tunisie secret , un sito ben informato, i terroristi del museo del Bardo a Tunisi volevano scambiare gli ostaggi occidentali con i detenuti di Ansar nelle carceri governative.

Una parte dei «partigiani della legge islamica» ha giurato fedeltà allo Stato islamico. Lo stesso fondatore Abou Iyadh si è fatto immortalare in un comizio, prima che il gruppo venisse dichiarato organizzazione terroristica, con alle spalle la bandiera nera del Califfato. Al suo fianco Sami Ben Khemais Essid e Mehdi Kammoun, finiti agli inizi degli anni 2000 in una famosa inchiesta sul terrorismo dell'allora pm Stefano Dambruoso. Non è chiaro se i pezzi grossi della galassia jihadista siano stati acciuffati di nuovo in Tunisia o riparati in Libia dove Ansar ha basi a Derna e Bengasi. Ben Khemais era stato arrestato in Italia nel 2001. Washington lo sospettava di voler organizzare un attentato contro l'ambasciata americana a Roma. Anche Kammoun è finito in carcere per terrorismo. Fra il 2008 e 2009 sono stati entrambi espulsi verso la Tunisia nonostante il ricorso presentato alla Corte europea dei diritti dell'uomo, che oggi suona come una beffa. Diverse organizzazioni come Amnesty international protestavano contro il governo italiano denunciando il rischio che gli espulsi jihadisti venissero torturati. In realtà lo scoppio della primavera araba a Tunisi li ha rimessi in libertà. E dal 2012 hanno continuato a cavalcare la guerra santa.

Il loro punto di riferimento a Milano era il Centro culturale islamico di viale Jenner. Dalla Lombardia sono sempre stati in contatto con il leader Abou Iyadh, allora a Londra. Altri tunisini del «gruppo di Milano», poi arruolati da Ansar al sharia, sono l'ex guardia del corpo del capo, Ali Harzi e Mohamed Aouaidi catturato in un sobborgo della capitale nel settembre 2013 durante uno scontro a fuoco. Harzi era stato condannato in Italia a tre anni di carcere. Aouaidi è accusato dell'assassinio dei leader politici laici Chokri Belaid e Mohamed Brahmi. Anche Kamel Ben Ali Karraj aveva vissuto da noi.

È l'ultimo terrorista del gruppo di Milano arrestato lo scorso ottobre a Ould Ellil, in un covo di Ansar al sharia. Pure lui amnistiato dalla primavera araba dopo essere stato espulso dall'Italia.

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