La fine delle utopie e i conti con la realtà

Tra ideologia e libertà

La fine delle utopie e i conti con la realtà

Assorbita l'ubriacatura socialista del secondo Dopoguerra, la comprensione del mondo in cui viviamo torna sui binari di un sano realismo. Si torna a comprendere l'importanza che ha avuto Adam Smith della Ricchezza delle nazioni sotto il profilo politico e sociale, senza, peraltro, farne oggetto di culto. Non si passa dall'ubriacatura per il socialismo a quella per il mercato senza fare danni. Si fanno semplicemente i conti con la realtà. L'uomo non è solo un animale politico; è, anche e soprattutto, un animale economico che aspira a vivere meglio scambiando ciò che possiede, con ciò che aspira ad avere. Adam Smith della Ricchezza delle nazioni e della Teoria dei sentimenti morali torna d'attualità perché è il pensiero che meglio riflette la natura umana rispetto all'economia della scarsità nella quale viviamo.

A fondamento del mondo libero c'è, infatti, l'idea settecentesca che lo scambio economico sia la premessa della libertà politica e sociale. La convinzione che si vivrebbe meglio in un mondo governato dalla programmazione economica (e dal primato della politica sulla società civile) si è rivelata fallace. Il socialismo e il comunismo sono falliti, producendo una società dove oltre al soddisfacimento dei bisogni economici è venuto meno quello dei bisogni politici e sociali, dei quali, piaccia o no, non si può fare a meno senza compromettere anche le libertà civili. Il liberalismo è anche liberismo, cioè libertà di vendere e comprare secondo le esigenze individuali e collettive senza che la politica ci metta il naso decidendo e imponendo, secondo un calcolo razionale, ciò che si deve vendere e comprare. Le libertà sociali e politiche sono dipendenti dalla nostra libertà di comprare e vendere ciò di cui abbiamo bisogno, senza restrizioni di sorta imposte da una mente politica che abbia la pretesa di sapere come stanno le cose. La pretesa razionalistica di conferire alla politica una capacità di previsione e di programmazione dei bisogni umani si è rivelata totalmente fallace. Ciò che crea le condizioni delle nostre libertà, anche politiche, è lo spontaneismo sociale, cioè la libertà dell'uomo di muoversi in società come meglio crede, rispondendo ai propri bisogni secondo la logica del libero scambio teorizzata da Adam Smith già a metà del Settecento.

Il resto sono chiacchiere, o meglio, è il tentativo di alcuni uomini di imporre la propria volontà ad altri uomini sulla base di una presunzione di conoscenza razionale, scarsamente ancorata alla realtà effettuale. Prenderne atto era la cosa più ragionevole che l'uomo potesse fare, soprattutto di fronte ai tentativi razionalistici di individuare, e realizzare, una società che ubbidisse a calcoli e valutazioni individuate a tavolino invece di fare i conti con la realtà come è, quella che quegli stessi uomini vorrebbero che fosse. La generosa utopia marxiana non ha risposto alle esigenze umane perché il dover essere non è fatto per essere applicato, ma è solamente una aspirazione intellettualistica per una condizione migliore; è l'anticamera del totalitarismo sociale e politico, come ha mostrato il Novecento con le dittature che lo hanno caratterizzato. L'elogio dello spontaneismo sociale non significa, ovviamente, un mondo senza regole, bensì un mondo al quale gli stessi uomini si sono dati regole di pacifica convivenza sulla base della naturale simpatia e l'inclinazione all'imitazione torniamo ad Adam Smith, quello della Teoria dei sentimenti morali che provano l'uno per l'altro. Come il lettore certamente comprende, non sto facendo l'elogio del liberalismo teorico, bensì quello del realismo che ne è a fondamento. Gli ideologismi, che sono il frutto del dover essere, non sono fatti per governare l'uomo «come è», bensì di stimolarlo a fare meglio, facendo i conti col mondo come è, non con quello che si vorrebbe che fosse. Il socialismo e il comunismo sono falliti proprio per questa ragione. Perché hanno immaginato un essere umano privo di interessi e impulsi individuali, tutto dedito al bene comune.

Questa era stata anche la grande illusione della Rivoluzione francese che, di fronte all'uomo come è, aveva innalzato nelle piazze di Francia la ghigliottina, tagliando la testa all'uomo reale.

Il socialismo e il comunismo ne sono stati la ricaduta istituzionale e sociale, ma con risultati negativi. Con i totalitarismi del Novecento, si è ripetuto l'errore, con conseguenze disastrose. Ora che ne siamo fuori, non ci resta che prenderne atto e non ricadere nelle stesse illusioni.

piero.ostellino@ilgiornale.it

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