Con il libro intervista Il Sistema di Alessandro Sallusti, e con la sua presentazione in giro per l'Italia, l'ex pm Luca Palamara lederebbe ulteriormente l'immagine della magistratura e dunque del ministero della Giustizia: «Un libro a carattere denigratorio di tutto l'ordinamento giudiziario, che viene presentato in tutti i luoghi di villeggiatura e che continua a presentare una immagine distorta, viziata e di enorme discredito».
Parlava così uno dei due legali dell'avvocatura dello Stato - come si legge oggi dalle trascrizioni - lo scorso 16 luglio, in una delle ultime udienze preliminari nel procedimento a carico di Palamara, prima del suo rinvio a giudizio con l'accusa di corruzione per l'esercizio della funzione. Il libro, che nulla ha a che fare con il processo e con quel capo d'imputazione, è stato invece citato dall'avvocatura - che rappresenta le parti civili della presidenza del consiglio dei ministri e del ministero della Giustizia - come un ulteriore danno all'immagine delle istituzioni: «Se l'evento offensivo è cessato non è cessato di sicuro il danno che viene richiamato, riprodotto costantemente da questi interventi mediatici che ne amplificano gli effetti in maniera esponenziale», continuano i legali. Che chiedono un risarcimento del danno da un milione di euro perché le condotte di Palamara sarebbero state «lesive degli stessi valori costituzionali di imparzialità e indipendenza della funzione giudiziaria», e soprattutto «della percezione che la collettività» ha dell'ordinamento giudiziario.
Era stato l'allora ministro della giustizia Alfonso Bonafede, all'indomani dello scandalo che nel maggio 2019 ha travolto il Csm, a volere che il ministero si costituisse parte civile nel processo, così come la presidenza del Consiglio di Giuseppe Conte. Che ha autorizzato il mandato all'Avvocatura dello Stato.
Il trojan inoculato nel cellulare dell'ex consigliere del Csm che veniva intercettato per corruzione, aveva svelato anche le nomine pilotate negli uffici giudiziari. Uno scandalo che ha gettato «discredito sull'apparato» e provocato la «lesione dell'interesse alla imparziale e efficace organizzazione della giustizia», si legge nella costituzione di parte civile. Così come il danno provocato a Palazzo Chigi con la «lesione dei valori di imparzialità e indipendenza della funzione giudiziaria».
Il libro poi, che svela altri retroscena sulla storia della magistratura degli ultimi vent'anni, con la sua grancassa mediatica non avrebbe fatto altro che aggravare il danno. Ma se Palamara ha subito gridato alle censura da parte delle istituzioni, fonti del ministero della giustizia ricordano che la decisione di costituirsi parte civile risale a novembre 2020 ed e è precedente alla pubblicazione del libro. La scelta di tirarlo in ballo in Aula farebbe parte della strategia processuale degli avvocati a cui il ministero è «del tutto estraneo».
E nulla cambia per i legali dello Stato neanche la riformulazione del capo d'accusa da parte dei pm perugini, che contestano non più la corruzione in atti giudiziari ma quella per l'esercizio della funzione: «L'imputazione di corruzione per l'esercizio della funzione non è di sicuro un'ipotesi inferiore, anzi - dicono in aula - attesa l'ampia lesività e il costante comportamento di mercificazione contestato all'imputato.
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