Una mamma milanese ha deciso di prendere carta e penna e di scrivere a Repubblica per raccontare in quale situazione si sia cacciato suo figlio di 14 anni, "irretito da un gruppetto di giovani rom". La donna racconta di come il ragazzo abbia commesso "qualche scemenza di poco conto, poi ha iniziato a vivere nel terrore. Ricatti, gambe bruciate con le sigarette".
La scuola e le autorità sanno tutto, eppure la vita di questo ragazzo è un incubo. La madre giustamente nota come "il 'nomade' per definizione sia migratorio, non stanziale. Come è possibile che in una scuola media permangano ragazzi che, bocciati ogni anno, compiono 15, 16, 17 anni restando nello stesso istituto (e quindi potendo operare proselitismi circa alcune attività non propriamente lecite) a oltranza? Un nomade passa e va. Non resta fermo per 10 anni.
Da brava mamma italiana mi preoccupo molto per un figlio caduto come un pollo nella rete, ma mi angosciano altrettanto questi ragazzini che sono incaricati di tessere la rete (spaccio, minacce, eccetera) in modo continuativo, dal momento che si chiamano 'nomadi' solo sulla carta".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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