La giornata dei due premier. Festa e mito alla prova big

La strada che porta verso la terra di Atreju questa mattina si è improvvisamente ristretta, come se i confini di "fantàsia" si fossero ingarbugliati, riannodati, confusi e ogni passo in avanti ti allontana

La giornata dei due premier. Festa e mito alla prova big
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La strada che porta verso la terra di Atreju questa mattina si è improvvisamente ristretta, come se i confini di «fantàsia» si fossero ingarbugliati, riannodati, confusi e ogni passo in avanti ti allontana. È chiaro che ti stai perdendo. È che i varchi sono stati spenti e ce ne è solo uno, affollato, che dovrebbe portare lì dove c'è il centro della scena. Tutto questo si spiega con una sola parola: sicurezza. Il sabato non è un giorno come gli altri e arrivano i pezzi (...)

(...) grossi. No, davvero non si può rischiare. La sicurezza è tutto. Ti toglie sentire uno di noi, rassicura chi sta dentro e fa sparire chi s'intravede da fuori, ti incardina con i piedi a terra, qui e ora. Ti fa sentire a casa e non importa se questa casa quasi non ti assomiglia. Quanto costa in fondo un grammo di sicurezza?

Adesso Atreju mette in mostra i suoi personaggi fantastici, quasi immaginari. C'è il pelato della pelotas, allenatore sofista di orgoglio nazionale. C'è il capitano dell'insalatiera d'argento e il nuotatore dalla mille bracciate. C'è il Natale che cade sugli allevatori. C'è e non c'è chi ti ha inviato qui, ma lo scopriremo solo vivendo. C'è il signore delle isole britanniche che solo ora, a guardarlo da vicino, sembra proprio uguale uguale all'Atreju della Storia infinita (nella foto a destra), lo stesso sguardo, gli stessi colori, le gambe forti di chi è partito da lontano. I contemporanei lo chiamano Rishi Sunak. E prima di lui appare a sorpresa la madre di tutte le Atreju e si capisce che la radio è il suo sogno proibito.

È un gigante albanese che però ti ruba il cuore. Lo fa quando racconta la sua Tirana da anni '70, quando la dittatura di Hoxha non riusciva a schermare le onde radio e televisive che arrivavano dall'Adriatico. È così che la sua generazione è cresciuta all'italiana, con l'inno prima delle partite della nazionale, non quella delle aquile, ma «i nostri azzurri». «È così che li chiamava mia nonna». E poi il derby della canzone, lungo il boulevard delle parate, con gli ultras di Celentano che sfidavano quelli di Battisti, tra ventiquattromila baci e acqua azzurra, acqua chiara, tutte e due le schiere irriducibili e lui, Edi Rama, più alto di tutti e con un destino già sotto canestro, a cercare di mettere pace, perché la vita, compagni miei, non è mica binaria. Non c'è bisogno di essere italiani fino al midollo e si può sognare un'Albania, allargando la bandiera, che vada al di là del rosso e del nero. L'impressione è che il gigante Rama sia il solo a scaldare il freddo di questa giornata.

Tutti però aspettano lui. Dove sta Mister X? Eccolo. È in una zuppa di porro. È qui in una delle sue innumerevoli maschere, una sorta di Ziggy Stardust, ma se provi a dirlo nessuno ti crede. Non fa niente. È comunque un umano che casualmente entra in contatto con forze di un'altra dimensione. È l'uomo delle stelle, piombato sulla terra da uno degli infiniti universi. È un uomo che vende speranze, a cui non sai fino a che punto credere. È, allo stesso tempo, l'ultima incarnazione della filosofia di Ayn Rand, con l'individualismo che abbraccia l'universale e con quest'ansia faustiana che lo porta a rincorrere l'infinito. È John Galt di La rivolta di Atlante. È un mistero e una fuga, soprattutto da se stesso. È l'architetto di La fonte meravigliosa. «Ostentare la propria intelligenza è una cosa volgare, ancor più volgare che mostrare la propria ricchezza». Il suo messaggio qui è radicale: crescete e moltiplicatevi.

Atreju è ancora Atreju. La sicurezza però ti spinge a chiuderti in una bolla. È il freddo di questo sabato di dicembre. Non bisogna mai assecondare la paura, perché è proprio lei il sentimento che ti fotte il futuro. Ti iberna, giorno dopo giorno, senza che te ne accorgi, sussurrandoti all'orecchio di seguire l'istinto, sbarrare le porte, sigillare gli usci, sterilizzare gli spifferi. Solo che così lo spazio si stringe e tutto appare più piccolo. Il nulla così ti assedia e ti circonda.

Il segreto allora è fidarsi degli altri, come in una scommessa controsenso.

Solo chi vive senza assecondare la paura sarà veramente libero. È questa la promessa dimenticata. La ragazza che tanti anni fa lo ha immaginato lo sa che è tempo di aprire le porte. Il suo giorno è oggi. «Benvenuti a Atreju».

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