"Il giorno dopo sono andata a scuola". Così, Eva Dal Canto, ricercatrice di 29 anni, risponde a Beppe Grillo che qualche giorno fa aveva pubblicato un video sui social per difendere il figlio Ciro dalle accuse di stupro.
Il fondatore del Movimento 5 Stelle contestava il fatto che la ragazza avesse denunciato la presunta violenza sessuale solo dopo una settimana: "Una persona che viene stuprata alla mattina, il pomeriggio fa il kite surf e dopo 8 giorni fa una denuncia" era sembrato un atteggiamento "strano" all'ex comico. A smentirlo è intervenuta Eva, che ha deciso di parlare della sua storia e si è fotografata con un cartello con la scritta #ilgiornodopo, un hashtag diventato virale sui social e che raccoglie le testimonianze di persone che non sempre hanno avuto la forza di denunciare, dopo essere "sopravvissute" alla violenza. Sopravvissute e non vittime, spiega Eva, "perché mi aiuta a sottolineare la forza che io e tante altre persone abbiamo avuto e continuiamo ad avere ogni giorno".
Eva risponde alle parole di Grillo: "Non può passare l'idea che una donna o denuncia subito oppure significa che sta mentendo- ha spiegato in un'intervista a Repubblica- Io ci ho messo un anno prima di riconoscere che quella che avevo subito era una violenza, anche perché non ero in un ambiente idoneo a capirlo e non avevo gli strumenti necessari per farlo". Spesso, spiega la 29enne, si pensa che la violenza corrisponda all'immagine che viene data nei film, dove lo stupratore è quasi sempre uno sconosciuto. Ma numerose sono anche le storie che hanno come protagoniste persone di cui la vittima si fida. È stato così per Eva, che ha raccontato a Repubblica il suo giorno dopo: "Mi sentivo estraniata dal mio corpo, ma sono andata a scuola. Ho vissuto la mia giornata in uno stato di choc totale e la persona che aveva abusato di me era con me. Abbiamo passato la giornata praticamente insieme. Si era reso conto di quanto mi aveva fatto, ma per lui era una cosa romantica. Vedeva il nostro rapporto come una storia d'amore, nonostante non lo fosse e non gli avessi mai dato modo di pensarlo. E così è continuata per un anno e mezzo".
Per prendere consapevolezza di quanto avesse subito, Eva ha dovuto affrontare un percorso terapeutico, iniziato dopo un tentativo di suicidio: "È stato attraverso questo lavoro di introspezione che ho collegato tutto. Ho capito i tanti motivi che mi hanno portata a subire e a stare zitta: una visione stereotipata dello stupro, i problemi che avevo in famiglia, il disturbo alimentare di cui soffrivo, ma soprattutto la presa psicologica che lui aveva su di me. Era un uomo adulto e aveva un ruolo di potere e di responsabilità nei miei confronti. Pensavo di non avere potere e di fatto non lo avevo, perché non avevo nessuno a cui chiedere aiuto, men che meno la mia famiglia. La polizia? Pensavo che non mi avrebbe creduta".
La sua storia dimostra la difficoltà di trovare la forza per capire e denunciare una violenza sessuale e "con le sue parole Grillo non solo mette una
scadenza alla denuncia, ma continua a veicolare stereotipi che danneggiano solo le vittime. Ci vogliono morte dopo uno stupro: ma in realtà molte si mettono una maschera e provano a sopravvivere".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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