I documenti sono pronti. Salvatore Girone ha ottenuto ieri l'exit visa dalle autorità indiane, che gli permette di tornare a casa. Atterrerà oggi in Italia, all'aeroporto di Ciampino alle ore 18, accompagnato dall'ambasciatore a Delhi Lorenzo Angeloni. L'odissea indiana, però, non è finita, ma appena ricominciata con il nuovo capitolo dell'arbitrato internazionale.
«Adesso che Girone sta tornando in patria la corte arbitrale dovrà stabilire il vero nodo del contendere: a chi spetta la giurisdizione del caso» spiega al Giornale Natalino Ronzitti, docente emerito di diritto internazionale all'università Luiss di Roma. «In settembre l'Italia presenterà la sua memoria. Poi ci sarà la contro replica indiana. Si arriverà a una sentenza nell'estate 2018 se va bene» sottolinea l'esperto. Come un gioco dell'oca si ricomincia da capo. «La linea italiana è che i due fucilieri godono dell'immunità funzionale - fa notare Ronzitti - E quindi devono essere giudicati in Italia». L'altro cavallo di battaglia è l'applicazione della convenzione del diritto del mare (Unclos) sugli incidenti di navigazione. «In questo caso vale il diritto di bandiera della nave coinvolta, l'Enrica Lexie, che era italiana» spiega l'esperto. Sul ricorso tardivo all'arbitrato, che si sta rivelando la strada giusta, Ronzitti fa notare che «ci si è difesi nel processo indiano invece di difendersi dal processo indiano opponendosi subito alla giurisdizione di Delhi in nome dell'immunità funzionale».
L'ultima sberletta degli indiani riguarda proprio il rientro in patria di Girone. Il marò ha ottenuto il permesso di tornare a casa non per un atto di giustizia, ma «per ragioni umanitarie», come ha stabilito la corte arbitrale. Una prassi prevista nel diritto internazionale, ma che suona come una beffa dopo quattro anni di calvario giudiziario. La stessa sorte dell'altro marò, Salvatore Latorre, che, però, ha subito un grave ictus lo scorso autunno.
India e Italia andranno avanti fino al 2018 scontrandosi frontalmente sulla giurisdizione, ma esiste un'altra possibilità che potrebbe definitivamente risolvere il caso. «In parallelo alla procedura arbitrale i due stati possono continuare a negoziare - osserva Ronzitti - È previsto che la controversia si estingua con un accordo extragiudiziale da ottenere per via diplomatica e politica». I marò hanno già scontato un'ampia «carcerazione» preventiva. In questa maniera, però, non si arriverebbe mai a processo, né a Roma, né a Delhi. E nessuna sentenza stabilirà mai se Girone e Latorre sono colpevoli o innocenti restituendo loro l'onore, messo in dubbio da tanti, in caso di assoluzione.
Non tutti in India hanno digerito il rientro in patria del secondo marò. Nello stato del Kerala, dove è cominciata l'odissea giudiziaria, hanno vinto i comunisti, che quattro anni fa chiedevano la pena di morte per i marò, giudicati colpevoli senza processo dell'uccisione di due pescatori in alto mare scambiati per pirati. Il nuovo governatore, Pinarayi Vijayan, ha bollato come «inaccettabile» il rientro in patria di Girone. Il governo del premier Narendra Modi impegnato a celebrare i due anni al potere non dice un parola sull'argomento, che intacca lo spirito nazionalista dell'esecutivo. L'avvocato dello Stato, P.S. Narasimha, ha solo sottolineato che l'India sosteneva la richiesta della corte arbitrale «per ragioni umanitarie».
A Roma l'ex ministro della Difesa, Ignazio La Russa di Fratelli d'Italia, torna alla carica chiedendo che i due marò sfilino nella parata militare del 2 giugno, festa della Repubblica. «Non si tratta di farne degli eroi - ha aggiunto La Russa - ma sono soldati che hanno diritto di sfilare con gli altri militari per ricevere l'applauso degli italiani che li vorranno applaudire». Il fratello di Girone ha scritto su Facebook: «Siamo tutti felici per questa decisione temporanea!!!!».
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