Farouk Kassam è ormai adulto, ha 36 anni, e non ha certo dimenticato quei terribili 177 giorni di prigionia quando aveva solo sette anni. Ma adesso sembra voler difendere i suoi rapitori ed è convinto che sia giusto che restino liberi. Certo che tutti, anche loro, debbano avere una seconda possibilità. Il ex-bandito Matte Boe è diventato una guida escursionistica. E su Graziano Mesina, latitante per l’undicesima volta, non ha dubbi: “Poteva giocarsi un po’ meglio le opportunità che lo Stato gli ha dato”.
Farouk difende i suoi rapitori ormai liberi
Ma sul fatto che nessuno debba marcire in galera è certo, neanche coloro che l’avevano sequestrato da piccolo e gli avevano tagliato un pezzo dell’orecchio sinistro, recapitato poi ai suoi genitori, per convincerli a pagare il riscatto. “Mi fa piacere pensare che lo Stato abbia restituito la libertà anche a persone che l’hanno rubata agli altri. Sulla latitanza certo non posso esprimere giudizi. Spero solo che Mesina non faccia del male a nessuno”. Queste le parole di Farouk Kassam rilasciate a La Stampa.
I 177 giorni di prigionia se li ricorda eccome, ha anche ammesso di non passare giorno in cui non pensi al buio del luogo dove era tenuto. Non ha certo dimenticato il momento in cui i suoi rapitori gli hanno tagliato l’orecchio e, dopo aver perso i sensi, era rinvenuto in mezzo al proprio sangue. E poi “le giornate dentro la grotta, con un solo punto di osservazione e sempre al buio, non si possono dimenticare facilmente. Ma ciò che ha lasciato ferite più profonde è stata la privazione dei diritti elementari, quelli che fanno parte della quotidianità di tutti noi. A iniziare dal momento dei bisogni” ha raccontato ripercorrendo quei tragici e lunghi giorni. Dice di essere riuscito a superare quel dramma e di ricordarsi tutto ogni volta che si guarda allo specchio. Da bambino si vergognava di quell’orecchio mutilato ma adesso, ormai 36enne, lo considera una caratteristica che nessuno giudica.
Il sequestro e la liberazione
Era il 15 gennaio 1992 quando un gruppo di rapitori si era presentato all’ora di cena nella sua abitazione di Porto Cervo, dove viveva con i genitori, albergatori arabi, e avevano sequestrato il figlio maggiore, Farouk appunto, che allora non aveva ancora compiuto 8 anni. Rinchiuso all’interno di una grotta buia e umida, aveva tenuto in ansia tutta l’Italia. Graziano Mesina si era offerto per cercare di riportare a casa, sano e salvo, il piccolo Farouk. Su come siano andate le cose non si è mai realmente capito. Anche il 36enne non ha mai saputo la verità, suo padre non ha mai raccontato lui cosa sia avvenuto, né se abbia pagato la somma richiesta.
In ogni caso, l’11 luglio il bambino torna libero, ed è proprio Mesina a divulgare la notizia, facendosi l’unico mediatore della sua liberazione e vendendo l’esclusiva alla Rai. Adesso Farouk, parlando di Mesina, pensa che “se dopo quasi 30 anni si continua ad associare il suo nome alla mia liberazione direi che almeno un ruolo mediatico allora se l’era ritagliato. Non è chiaro se il suo intervento abbia migliorato o peggiorato la situazione”. Non l’ha mai incontrato, ma anche se fosse successo, non gli avrebbe rivolto la parola, in quanto non avrebbe avuto nulla da dirgli.
E sui suoi sequestratori assicura di averli cancellati dalla sua vita. “Sono andato avanti per la mia strada. Anche se è vero che sono personaggi che non potrò cancellare. Credo che abbiano pagato per quello che hanno commesso e forse è giusto che abbiano ritrovato la loro libertà”.
Tre di loro sono stati arrestati, mentre altri quattro componenti della banda non sono mai stati individuati. Questo forse è il lato che adesso lo preoccupa maggiormente: il timore di passare loro accanto senza saperlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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