La guerra dei "terroni" fra Crusca e giudici

"Da dove arriva questo terrone?". Se qualcosa può far storcere il naso è semmai quest'infelice titolo di un intervento sull'origine di terrone, firmato da Luca Lo Re, apparso il 12 settembre 2017 sul sito dell'Accademia della Crusca.

La guerra dei "terroni" fra Crusca e giudici

«Da dove arriva questo terrone?». Se qualcosa può far storcere il naso è semmai quest'infelice titolo di un intervento sull'origine di terrone, firmato da Luca Lo Re, apparso il 12 settembre 2017 sul sito dell'Accademia della Crusca. Il resto è pura follia. Francesco Terrone, poeta e imprenditore, cita in giudizio l'Accademia della Crusca, chiedendole i danni, perché la ritiene responsabile «per le inesattezze e lo squilibrio riportati nella spiegazionedel termine terrone, così ledendo l'onore e il decoro anche dell'attore, che si fregia del cognome e ne usa per il suo lavoro, provocando danno ingiusto che va risarcito» (così l'atto di citazione in giudizio presso il tribunale di Nocera Inferiore). La denuncia, scrive il legale di Terrone in una lettera inviata agli organi di stampa, si sarebbe resa necessaria per via dell'«accezione prevalentemente negativa e fuorviante» del termine «da parte del maggior vocabolario della lingua italiana», colpevole di tacere sul fatto che terrone sarebbe parola «legata alla terra dei latifondisti e dei feudatari e quindi alla ricchezza, e che è originata da un casato i cui discendenti diedero lustro all'Italia intera, per cui chiede che il giudice ordini di integrarne il significato». La Crusca si difende: «La descrizione delle parole è compito dei linguisti, non dei tribunali». Cosa dovrebbe fare il giudice, imporre alla Crusca di modificare la definizione di terrone inserendovi un significato che non esiste? O dovrebbe forse costringerla a rimuovere la voce perché spregiativa, consigliando magari ai diversi dizionari dell'italiano corrente di fare lo stesso? Burini, cafoni, villani o contadini, e poi terroni e polentoni. Il conflitto fra città e contado, nei due ultimi termini, si riconfigura lungo una macrodirettrice geografica che taglia in due la penisola, lasciando intatto il centro: da una parte la Padania dei mangiapolenta (veneti, lombardi, piemontesi), dall'altra il Mezzogiorno degli «ipernutriti» dall'economia agricola. Uno scontro acuitosi durante la Seconda Guerra Mondiale, coi soldati meridionali che presero a sfottere quelli settentrionali dando loro dei polentoni. La reazione fra il 1945 e il 1950, quando si coniò terrone: correvano gli anni in cui le schermaglie fra i due schieramenti si erano fatte«più vive, ed estese a tutti i ceti» (Bruno Migliorini, Appendice di ottomila voci, in Alfredo Panzini, Dizionario moderno. Supplemento delle parole che non si trovano nei dizionari comuni , Milano, Hoepli, 1950, s. v. polentone). Un confronto tra opposte «tifoserie», giudicò Giuseppe Mazzini, sintomatico di un campanilismo, dannosissimo per la maturazione di una coscienza nazionale, eretto a difesa di tante «piccole patrie», centri urbani compresi.

Napoli è l'immigrato al Nord di origine meridionale, identificato con il rappresentante di una quota consistente degli emigrati dal Sud. Chietino è notoriamente «baciapile» o «ipocrita». Ciarlatano è deformazione di cerretano. Che facciamo, espungiamo dai vari vocabolari tutti gli stereotipi lessicali o semantici connaturati all'italianità?

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