I danni irrerversibili del Covid: ecco cosa lascia in eredità

I danni ai polmoni potrebbero essere irreversibili nei casi più gravi: è quanto emerso durante il convegno online della Società Italiana di Pneumologia che lega sempre di più il Covid-19 alla Sars del 2003 circa le conseguenze a lungo termine. Ecco cosa è emerso

I danni irrerversibili del Covid: ecco cosa lascia in eredità

Avevamo avuto le prime avvisaglie ma adesso arrivano, purtroppo, ulteriori conferme: il Covid-19 potrà lasciare strascichi a lungo termine sui polmoni e l'apparato respiratorio soprattutto nei pazienti colpiti più duramente dall'infezione. In alcuni casi, la funzionalità respiratoria potrebbe essere compromessa in modo irreversibile.

I tempi di recupero

È quanto emerso dal convegno digitale della Società Italiana di Pneumologia, durante il quale sono stati confrontati i primi dati del nostro Paese e dei medici cinesi con quanto accaduto ad alcuni pazienti colpiti dalla Sars nel 2003. Ebbene, da quel confronto si evince che potranno essere necessari anche 6-12 mesi per un recupero funzionale e che, nei casi più gravi, quel recupero potrebbe non esserci del tutto. Anche se non ci sono ancora certezze, gli indizi sono numerosi.

"Sars e Covid molto simili"

"Non abbiamo al momento dati certi sulle conseguenze a lungo termine da polmonite da Covid-19, è trascorso ancora troppo poco tempo dall’inizio dell’epidemia a Wuhan, dove tutto è cominciato" fa sapere Luca Richeldi, membro del Comitato Tecnico e Scientifico, presidente della Società Italiana di Pneumologia (Sip) e Direttore del Dipartimento di Pneumologia, al Policlinico «Gemelli» di Roma, che sottolinea come Sars e Coronavirus siano molto simili e confermerebbero "il sospetto che anche Covid-19 possa comportare danni polmonari che non scompaiono alla risoluzione della polmonite", come riportato dall'Agi.

Cosa accade dopo la guarigione

Il tessuto respiratorio colpito dall’infezione perderebbe le proprie caratteristiche e la propria struttura normale diventando rigido e poco funzionale. Questo comporterebbe, in alcuni pazienti, sintomi cronici e necessità di ossigenoterapia domiciliare. La fibrosi polmonare sarebbe il pericolo maggiore per molti sopravvissuti al Covid-19 rendendo necessaria la sperimentazione di nuovi approcci terapeutici come i trattamenti con cellule staminali mesenchimali. Richeldi, ripercorrendo il percorso della Sars, ha affermato come "il 30% dei pazienti guariti mostrava segni diffusi di fibrosi polmonare, cioè grosse cicatrici sul polmone con una compromissione respiratoria irreversibile: in pratica potevano sorgere problemi respiratori anche dopo una semplice passeggiata".

"A rischio anche i più giovani"

Un altro problema di una certa gravitià è che, per la Sars, questi danni "si sono verificati anche in pazienti giovani, con un’incidenza variabile dal 30 fino al 75% dei casi valutati" ha spiegato Angelo Corsico, Direttore della Pneumologia della Fondazione Irccs del Policlinico San Matteo e Ordinario di Pneumologia all’Università di Pavia, sottolineando come la fibrosi polmonare sia stata diagnosticata a numerosi pazienti sopravvissuti al virus.

A Pavia è già operativo un ambulatorio post-Covid dove i pazienti "vengono sottoposti ad un esame radiografico del torace, prove di funzionalità respiratoria, test del cammino di 6 minuti, ecografia toracica e cardiaca e, se necessario, a TAC toracica per indagare la presenza di una pneumopatia interstiziale diffusa o di una embolia polmonare", afferma Corsico, che sottolinea come sia necessario seguire i pazienti "in adeguati programmi di riabilitazione polmonare".

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