I debiti, Fininvest e le "razze padrone"

Su Repubblica riappare un articolo del 1993 già smentito a suo tempo

I debiti, Fininvest e le "razze padrone"
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Un Paese davvero strano il nostro, un Paese in cui la magistratura spende tempo e soldi per indagare su un articolo scritto da Eugenio Scalfari nel luglio del 1993 in cui il fondatore di La Repubblica esortava il sistema bancario a chiudere i rubinetti al gruppo Fininvest, a suo dire esposto per quattromila miliardi di lire. Ne dà notizia La Repubblica stessa, che con malcelata soddisfazione svela che l'esito della perizia chiesta dalla procura di Firenze conferma l'ipotesi del suo fondatore e smentirebbe l'articolata e documentata smentita che Berlusconi fece all'epoca dalle colonne di questo Giornale.

Lo scopo di questa operazione di archeologia giudiziaria-mediatica è sostenere il solito teorema: Berlusconi sommerso dai debiti scese in politica per salvare le aziende, tanto è vero che da lì in poi i conti migliorarono. Tesi ovviamente indimostrabile, sarebbe un po' come dover decidere se Giulio Cesare abbia oltrepassato il Rubicone per il bene di Roma o per ambizione personale. L'unico fatto certo è che trasse il dado e la storia cambiò, come è certo che né prima né dopo il 1993 Fininvest ha goduto del beneficio di una sola lira pubblica e che i suoi debiti, bancari e non, sono sempre stati onorati fino all'ultima lira. A distanza di anni non c'è insomma modo di ammettere che Mediaset è stata una geniale intuizione imprenditoriale, talmente solida da sopravvivere al suo fondatore e camminare spedita con le sue gambe distribuendo benefici ai suoi dipendenti, ai suoi grandi e piccoli azionisti, al sistema-Paese nel suo complesso. Altrettanto non si può dire di altre imprese che nel tempo hanno avuto a che fare con La Repubblica. Il suo primo editore, Carlo De Benedetti, fu arrestato per aver pagato tangenti in cambio di appalti (e quindi soldi) pubblici.

Le sue ambizioni di stare al passo con il rivale Berlusconi sono naufragate in una serie di fallimenti che lo hanno portato a ritirarsi a vita privata in Svizzera; il secondo e attuale padrone, la famiglia Elkann-Agnelli, ha sfasciato il sistema industriale italiano e dopo avere spolpato lo Stato e nascosto molti proventi all'estero ha svenduto ciò che rimaneva di Fiat ai francesi. Di tutto questo su La Repubblica ovviamente non c'è mai stata traccia e lo capiamo. Ma che piaccia o no, la storia di questi ultimi trent'anni di «razze padrone» è andata esattamente così.

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