I giudici: "Bossetti uccise Yara perché respinto sessualmente"

I giudici della corte d'Assise di Bergamo hanno depositato le motivazioni della sentenza che ha portato alla condanna all'ergastolo di Massimo Bossetti, accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio

I giudici: "Bossetti uccise Yara perché respinto sessualmente"

I giudici della corte d'Assise di Bergamo hanno depositato le motivazioni della sentenza che ha portato alla condanna all'ergastolo di Massimo Bossetti, accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio. A tre mesi dal verdetto la corte presieduta da Alessandra Bertoja ha messo nero su bianco i motivi che hanno portato alla decisione nei confronti del muratore ritenuto il responsabile della morte della 13enne scomparsa il 26 novembre 2010 da Brembate di Sopra.

Bossetti è stato condannato all'ergastolo, lo scorso 1 luglio, per il delitto aggravato dalla crudeltà e dalla minorata età della vittima. I giudici lo hanno invece assolto "perché il fatto non sussiste" dall'accusa di calunnia nei confronti di un ex collega su cui aveva puntato il dito. Una mancata imputazione che gli è valsa un mini sconto di pena: l'accusa aveva chiesto per l'imputato anche l'isolamento diurno per sei mesi.

"Omicidio di inaudita gravità": così i giudici di Bergamo definiscono il delitto compiuto da Massimo Bossetti. "L'anteatta regolarità di vita e l'incensuratezza, uniche circostanze di segno positivo che potrebbero estrattamente valorizzare ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, non appaiono infatti comparabili con la predetta aggravante, che connota l'omicidio di inaudita gravità", scrivono i giudici di Bergamo nelle motivazioni di 158 pagine. E ancora: "È ragionevole ritenere che l'omicidio sia maturato in un contesto di avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare nell'imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova fino ad allora.

Le sevizie e la crudeltà contro Yara Gambirasio disvelano il suo "animo malvagio" e da parte dell'imputato c'è stata, a dire dei giudici, "una condotta particolarmente riprovevole per la gratuità è superficialità dei patimenti cagionati alla vittima e dimostrano l'ansia dell'agente di appagare la propria volontà di arrecare dolore".

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