Non c'è stata alcuna discriminazione contro Marica Ricutti, che alcuni mesi fa è stata licenziata da Ikea perché non aveva rispettato i turni. La donna aveva fatto ricorso chiedendo il reintegro e il risarcimento del danno, ma il giudice di Milano (sezione Lavoro) lo ha respinto. Alla base del licenziamento, secondo il giudice, vi sarebbero stati comportamenti "di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore e consentono l'adozione del provvedimento disciplinare espulsivo".
Ma cosa era stato imputato alla Ricutti di così grave per giustificare il licenziamento? Sostanzialmente il fatto che non rispettasse gli orari che le venivano richiesti. Lei più di una volta aveva invocato una maggiore flessibilità da parte dell'azienda, perché ha due figli piccoli di cui uno disabile. "Non ho mai ricevuto un richiamo in 17 anni, ma (entrare a lavoro, ndr) alle 7 non posso, c'è la terapia di mio figlio disabile", avea detto in un'intervista all'Huffington Post.
Così, consigliata dai sindacati, aveva deciso di andare a lavoro attenendosi ai vecchi turni. Il 3 ottobre scorso le è stata formalmente contestata la presenza sul luogo di lavoro in orari non concordati. Il 13 novembre l'incontro con il responsabile delle risorse umane e, il 21 novembre, la lettera di licenziamento, cui ha fatto seguito il ricorso.
L'avvocato di Ikea, Luca Failla, spiega che "la decisione restituisce la verità dei fatti a una vicenda che in questi mesi è
stata interpretata in maniera strumentale e di parte, diffondendo tra l'opinione pubblica un'immagine di Ikea che non corrisponde ai valori che esprime nel suo impegno quotidiano verso clienti, dipendenti e fornitori".
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