Ilva, il Riesame deposita le motivazioni del sequestro

Il testo del Tribunale del Riesame non prevede facoltà d'uso e chiede di interrompere i reati contestati. Il ministro dell'Ambiente plaude alla concordanza con la posizione del governo

L'Ilva di Taranto
L'Ilva di Taranto

Il Tribunale del Riesame ha depositato oggi le motivazioni che hanno portato alla conferma del sequestro degli impianti a caldo dell'Ilva. Nel testo viene ribadito che non è prevista facoltà d'uso per le aree sequestrate dell'acciaieria, neppure richiesto dai legali della società.

Il tribunale ha anche disposto che non si continuino a perpetrare i reati contestati nel provvedimento cautelare. Il percorso da seguire indicato dai giudici non è specificato. Per questo ci si affida ai custodi nominati dal gip di Taranto, Patrizia Todisco, e alla Procura. "Lo spegnimento degli impianti - proseguono i giudici - rappresenta, allo stato, solo una delle scelte tecniche possibili"

Nel testo si legge: "I custodi garantiscano la sicurezza degli impianti e li utilizzino in funzione della realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo e della attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti". Per rafforzare quanto deciso era stato messo a capo dei custodi Bruno Ferrante, presidente dell'Ilva, poi destituito del suo ruolo.

Secondo il Riesame inoltre, gli "organi di vertice della società" sarebbero stati consapevoli di ciò che facevano, "nonostante la consapevolezza della gravissima offensività per la comunità cittadina delle condotte stesse e delle loro conseguenze penali e nonostante il susseguirsi, sin dagli anni immediatamente successivi all’acquisto del complesso siderurgico da parte del gruppo Riva di varie pronunce giudiziali che avevano già sollevato il grave problema ambientale creato dalle emissioni della stessa industria". Evidente che "le emissioni di sostanze nocive alla salute della popolazione sono chiaramente in corso".

Positiva la reazione del ministro dell'Ambiente Corrado Clini, che ha commentato la motivazione espressa dal tribunale, parlando di una direzione "molto chiara: una strada convergente con quella seguita dal governo. Lavoriamo concretamente nella stessa direzione, ora spetta ad Ilva investire". Ha poi aggiunto: "L'indicazione dell'autorità giudiziaria è che lo spegnimento dell'impianto non è l'unica strada. Sono felice che il riesame abbia chiarito questa lettura".

"Dobbiamo confrontarci con chi alza il cartello del numero dei morti. Lo sappiamo.

Ma quella tragedia si ferma investendo nello sviluppo tecnologico e non lasciando il deserto", ha poi concluso il ministro, sottolineando come quella dell'Ilva sia una situazione creata "per incapacità dei governi, stretti tra un’industria che non voleva investire e l’estremismo ambientalista, che ha impedito una soluzione razionale".

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