È arrivata la primavera e dal punto di vista del fenomeno migratorio non si vede all’orizzonte alcuna discontinuità con le stagioni precedenti. Il recente attivismo delle Ong ha testimoniato la ripresa dei flussi, per la verità mai del tutto abbandonati, dalle coste libiche. In vista dei prossimi mesi, cosa possiamo aspettarci? L’allarme è molto importante e riguarda anche il contesto sanitario. L’unico barlume di speranza sembra arrivare sul fronte dell’avvio dei rapporti politici tra Roma e il governo di Tripoli. Proprio oggi il premier Draghi e il ministro Di Maio sono in visita nella capitale libica.
Gli arrivi dalla Libia
Il fenomeno migratorio registrato a partire dal 2021 mette in evidenza numeri allarmanti e palesemente superiori rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Se nella stessa stagione primaverile del 2020 l’arrivo della pandemia aveva in qualche modo rallentato il flusso degli arrivi, il suo permanere tra le emergenze più importanti non ha sortito lo stesso effetto quest’anno. Gli stranieri continuano ad arrivare e, elemento che non può passare inosservato, seguono la rotta libica. Sotto quest’ultimo profilo si può notare un filo di continuità rispetto al 2020. Lo scorso anno infatti i servizi segreti avevano lanciato l’allarme dell’arrivo, in vista dell’estate, di circa 20mila migranti provenienti dalla Libia. Adesso lo scenario sembra essere identico.
In questo contesto un ruolo fondamentale è stato anche ricoperto dalle Ong. I migranti infatti non arrivano in Italia soltanto attraverso gli sbarchi autonomi ma anche a seguito dell’intervento incisivo delle Organizzazioni Non Governative. Il copione è sempre lo stesso: i migranti partono dalla Libia, poche miglia dopo hanno problemi e in loro soccorso intervengono le navi delle Ong che navigano in zona. Recuperati i migranti viene lanciato l’allarme con l’annessa richiesta di un porto sicuro a Malta ricevendo in cambio il silenzio. Da qui l’inizio del pressing all’Italia che,al contrario di La Valletta, apre i porti. Sono 6184 i migranti giunti in Italia in questi primi tre mesi del 2021 a fronte dei 2.750 dello stesso periodo dello scorso anno. L’incidenza delle Ong è stata importante. Cosa ci si può aspettare per i prossimi mesi? Ma soprattutto, tutto questo, che tipo di conseguenze può avere in un contesto di piena emergenza sanitaria?
Coronavirus e immigrazione: quali i rischi per l’Italia?
Parlare di rotta libica vuol dire parlare di migranti che partono e arrivano da più parti dell’Africa. Attualmente il contesto sanitario africano non è dei migliori dal momento che il coronavirus ha colpito duramente il continente con un notevole svantaggio rispetto all’Europa e ad altri Paesi del mondo. Lo svantaggio deriva non solo dalle inadeguate strutture sanitarie presenti su tutto il territorio ma anche dal fatto che in Africa la campagna di vaccinazione non è mai partita se non in alcuni Stati, ovvero Egitto, Sudafrica, Algeria e Marocco.
Per gli altri Paesi invece la speranza si lega all’intervento di Covax, il programma globale dell’Oms per la fornitura dei vaccini contro il Covid-19 nei Paesi più poveri. Finora la piattaforma è riuscita a fornire alcuni lotti di vaccino solamente a pochi Stati africani. Ma si tratta appunto di poche dosi che non bastano a fronteggiare la pandemia. Tutto questo può avere un’incidenza negativa per l’Italia dal momento che la maggior parte di migranti parte proprio dai Paesi che non hanno il vaccino. E gli effetti infatti sono già evidenti dal momento che nelle navi quarantena ferme in rada a largo delle coste siciliane ci sono a bordo diversi ospiti positivi. A tutto questo si aggiunge anche il caso preoccupante delle varianti. In tal senso al momento i riflettori sono puntati sulla variante nigeriana, la supervariante resistente ai vaccini riscontrata a Messina su un 16enne nigeriano approdato gli scorsi giorni in Sicilia.
La situazione in Libia
Che qualcosa lungo l'altra sponda del Mediterraneo non stia andando per il verso giusto, è ben riscontrabile anche dalle parole dello stesso ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese: “Registriamo un aumento dei flussi migratori provenienti soprattutto dalla Libia”, ha dichiarato il titolare del Viminale in un'intervista a Repubblica. Sul perché è possibile individuare diverse cause. In primo luogo, il Paese nordafricano sta attraversando una delicata fase di transizione. È cambiato il governo, alla cui guida adesso c'è l'imprenditore misuratino Abdelhamid Dabaiba, il quale l'11 marzo scorso ha ottenuto la fiducia della Camera dei Rappresentanti. Ma questo, in un contesto come quello libico, non è traducibile automaticamente con una maggiore stabilità.
Al contrario, le settimane precedenti alla nomina del nuovo esecutivo sono state contrassegnate da tensioni e scontri soprattutto tra le varie milizie che controllano la Tripolitania, la regione da cui partono i barconi diretti verso l'Italia. È probabile, secondo fonti diplomatiche contattate da IlGiornale.it, che alcuni trafficanti abbiano approfittato della situazione per spedire in mare quanti più migranti possibili. Non è un caso che buona parte dei gommoni sia salpata da Sabratha e Khoms, due città da sempre al centro delle rotte migratorie. Occorre adesso capire come si muoverà il governo di Dadaiba. E soprattutto comprendere fino a che livello le mosse del nuovo esecutivo possono determinare un'inversione di tendenza.
Il rinnovato asse Roma–Tripoli
Sul fronte politico alcuni segnali sono comunque arrivati. Circostanza non scontata, specialmente quando si parla del dossier libico. Sia a Roma che a Tripoli di recente sono cambiati i governi. Oggi tra queste due nuove parti in causa sembrano esserci spiragli per una ripresa del dialogo, soprattutto sull'immigrazione. Nel suo esecutivo, Abdelhamid Dadaiba ha istituito ad esempio un apposito ministero per le migrazioni, non esistente nei precedenti esecutivi. A guidarlo è stato chiamato Ajdid Maatuq Jadid, originario del Fezzan ed esponente della tribù Warfalla, una delle più potenti del Paese. In passato ha espresso delle posizioni contrarie ai piani Ue sull'immigrazione. Ma a prescindere dalle posizioni politiche, la nomina potrebbe testimoniare una maggiore attenzione di Tripoli sul tema.
Per l'Italia vorrebbe inoltre dire avere un interlocutore diretto, fatto importante specie se si considera che sono ancora in corso i lavori per la modifica del memorandum sottoscritto con la Libia nel 2017. Da Roma i contatti con il governo libico sono già partiti. Il 21 marzo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è stato il primo esponente istituzionale straniero ad incontrare Dadaiba. Una visita ripetuta poi nella giornata di giovedì.
Dal canto suo il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, ha annunciato di avere già parlato telefonicamente con il nuovo omologo libico, Khaled Al Mazen, ed a breve dovrebbe tenersi una visita ufficiale. Qualcosa si muove. Anche se è molto presto per intuire a cosa porterà questo rinnovato asse con Tripoli.
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