“Il cielo si è oscurato come fosse notte. Abbiamo paura, stiamo scappando da alcuni parenti in Abruzzo”. “L’aria è irrespirabile, la nube di diossina è nera come la pece”. Un disastro ambientale annunciato quello che da ore ha investito in pieno Pomezia, la cittadina industriale alle porte di Roma, arrivando fino ai Castelli Romani. Bambini evacuati dalle scuole di ogni ordine e grado, turisti in fuga dall’Outlet di Castel Romano e dal grande parco dei divertimenti CineCittà World, decine di persone al pronto soccorso e traffico in tilt sulla statale Pontina. “Sembrava di essere in un film di quelli catastrofici” dicono al centro commerciale Sedici Pini. A poco o a nulla sono bastate le raccomandazioni del sindaco pentastellato Fabio Fucci che ha invitato i residenti alla calma, nonché a chiudersi in casa fino al termine delle operazioni di spegnimento. L’incendio di rifiuti tossici che ha colpito l’azienda Eco X, sulla via Pontina Vecchia, ha letteralmente messo in ginocchio un territorio, quello che confina con l’agro pontino, zeppo di storia e, paradossalmente, di industrie chimiche (farmaceutiche in particolare). Ultimo baluardo dei finanziamenti della Cassa del Mezzogiorno fino agli anni ’90, azzerata per tangenti dieci anni dopo, Pomezia è piombata in un incubo secondo solo, sul litorale laziale, al grande incendio dell’estate 2000 nella pineta di Castelfusano, Ostia Lido.
Sul posto, fin dal primo allarme, i vigili del Fuoco del distaccamento locale e di quelli vicini, gli agenti della polizia municipale che hanno bloccato le strade che portano al centro di stoccaggio, i tecnici dell’Arpa Lazio, l’agenzia regionale per l’Ambiente, che stanno effettuando i rilevamenti necessari. Il pericolo maggiore, oltre alle intossicazioni dirette della popolazione, riguarda tutte le colture coltivate in un’area di chilometri e della falda acquifera. Un danno ambientale dalle proporzioni enormi, secondo gli ambientalisti scesi immediatamente sul piede di guerra contro gli eventuali responsabili. Una zona, questa, particolarmente importante da ogni punto di vista. Migliaia di posti di lavoro nelle varie aziende all’ombra di una storia millenaria. Quella della città fondata, secondo la tradizione, dal mitologico Enea in fuga da Troia: Lavinium, oggi Pratica di Mare, importante aeroporto militare e sito archeologico che rimanda alla stessa fondazione di Roma. Ma cosa ha provocato l’innesco e, soprattutto, si poteva evitare con un adeguato sistema di prevenzione e sicurezza? Interrogativi che solo la Procura delle Repubblica di Frascati che ha aperto un fascicolo contro ignoti, a questo punto, potrà chiarire. Indagini seguite dai carabinieri della compagnia di Pomezia. “Sembra si sia trattato di un incidente” spiegano gli investigatori. L’ipotesi, per il momento, è di incendio colposo o accidentale, visto che non è stata trovata alcuna traccia di innesco o altro atto doloso. L’azienda Eco X si occupa di raccolta e lavorazione dei rifiuti solidi urbani, in particolare plastica e carta. Il primo cittadino, dal canto suo, ha firmato un’ordinanza per evitare il peggio. Tra l’altro l’evacuazione della popolazione nel raggio di 100 metri dall’azienda in fiamme, l’obbligo, per un raggio di 2 chilometri, di mantenere la chiusura delle aperture delle abitazioni e delle attività commerciali, industriali e di servizi per prevenire un possibile passaggio di inquinanti, compresi gli impianti di areazione forzata; divieto di manifestazioni all’aperto. Con un comunicato il sindaco Fucci sottolinea di osservare le disposizioni del Dipartimento di Prevenzione della Asl Roma 6, ovvero di tenere chiuse le finestre di abitazioni, scuole, uffici, strutture sanitarie e socio-assistenziali; di limitare temporaneamente gli spostamenti non necessari e di lavare, nei prossimi giorni, con molta accuratezza, frutta e verdura di propria produzione. “Uno dei peggiori incendi di rifiuti degli ultimi anni - dice presidente di Legambiente Lazio Roberto Scacchi -, va fatta chiarezza su cause e conseguenze che possono essere molto gravi per il territorio interessato, dato soprattutto l’inquinamento potenziale che le plastiche incendiate potrebbero diffondere e far ricadere al suolo”.
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