Il coro degli indignati, soprattutto quando è carico di ipocrisia, non è facile da contenere. Gracida, rimbalza, si espande. Sono anni e anni che si parla di riforme costituzionali. Il presidenzialismo non è un tabù. A qualcuno non piace, altri lo considerano una minaccia. È un'ipotesi di Terza Repubblica. Silvio Berlusconi adesso lo evoca: è dal 1995 che lo propongo. Poi risponde a una domanda: e con Mattarella che succede? Se davvero si arriva alla riforma dovrà dimettersi. Bestemmia e le vesti che si stracciano. Letta: dopo Draghi vogliono sfrattare Mattarella. Di Maio: inquietante. Conte: vogliono spartirsi il potere, con Meloni premier, Salvini al Viminale e Berlusconi al Colle. Calenda: Berlusconi non va eletto, non è più in sé. Si va avanti così per ore. Fico si affretta a ricordare che siamo una Repubblica parlamentare e questo francamente è lapalissiano.
La cosa surreale di questa storia è proprio la reazione qualunquista di tutti questi personaggi della politica. Ti chiedi se fingono, se la campagna elettorale li impegna in una parte più o meno grottesca o se sul serio guardano il dito e non la luna. L'ipotetico passaggio al presidenzialismo sarebbe la più grande riforma costituzionale della storia italiana. Si parla di cambiare la forma di governo. È quello che è successo in Francia nel 1958 con la nascita della Quinta Repubblica. La sorte di Mattarella francamente non è così rilevante. È un dettaglio e si può risolvere con una norma transitoria. Lo stesso presidente, semmai dovesse accadere, sentirà il dovere di dimettersi. È chiaro che il passaggio, legittimo, a una Repubblica presidenziale apre una stagione di riforme costituzionali che coinvolge tutti i poteri. Non si fa in un anno e serve perlomeno una legislatura.
Allora perché questi parlano di Mattarella? Il sospetto è che abbiano scarsa considerazione dei cittadini italiani. Non li ritengono all'altezza di un discorso sulla forma di governo. Non sanno scegliere le regole della propria democrazia. Ecco, quindi, il coro: vogliono defenestrare Mattarella, il padre buono costretto a risiedere al Quirinale contro la sua volontà (e un po' anche al confine della Costituzione). Conte arriva a dire che è solo un mezzuccio per spartirsi il potere, con un ragionamento politico che non è degno non solo di un capo del governo ma neppure di un avvocato. La cosa più beffarda è che per anni le elezioni in Italia sono state raccontate come se fossimo in una Repubblica presidenziale o quasi, con i leader dei due schieramenti chiamati a confrontarsi all'americana, salvo poi ricordarsi del Parlamento con i governi tecnici.
È la grande ambiguità di quella che ancora chiamiamo Seconda Repubblica, nata con lo strappo di Mani Pulite. Tutto questo Letta e compagni forse lo sanno, o dovrebbero saperlo, ma purtroppo i loro discorsi pubblici non li fanno neppure al bar.
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