È giusto preoccuparsi, come fa il ministro Giancarlo Giorgetti, delle dimensioni del nostro debito pubblico, uno dei più alti al mondo in rapporto al Pil. Sono infatti quei 2.850 miliardi che condizionano qualunque giudizio sul Paese, mandando in fibrillazione governo e mercati ogni volta che le agenzie di rating sono chiamate a valutare i nostri conti. Eppure di nuovo ieri Ignazio Visco ha ribadito che i fondamentali dell'Italia, ovvero i numeri dell'economia presa nel suo complesso, sono decisamente solidi.
Ma come si concilia l'alto debito pubblico con il giudizio rassicurante di Visco? Ce lo ha ricordato lui nel suo ultimo discorso da governatore, snocciolando i numeri che farebbero la differenza se l'Europa non fosse dominata dagli interessi particolari di Germania e Francia. Osserva Visco: «In Italia il debito delle famiglie, cioè il debito privato, è pari a circa il 60% del reddito disponibile (il 40% del Pil), a fronte di una media europea superiore al 90%. A sua volta quello delle imprese si colloca intorno al 65% del Pil, a fronte di una media del 100%». Non basta. A ciò si deve aggiungere che il nostro sistema produttivo, pur caratterizzato da ritardi e inefficienze, mostra tuttora una invidiabile vitalità e capacità di competere sui mercati globali: lo conferma, dice Visco, la posizione patrimoniale netta sull'estero del Paese, che è tornata positiva già dalla seconda metà del 2020 ed è oggi pari a circa il 5% del Pil.
Insomma, ne esce un'Italia decisamente più robusta rispetto a molti partner europei, in considerazione anche dei 5.300 miliardi di attività finanziarie private - tra depositi bancari e titoli - che, opportunamente mobilitate, ci metterebbero al riparo da più di una crisi. Ora, immaginate quali ribaltoni nell'esame delle diverse situazioni economiche si avrebbero nell'Unione se d'improvviso ai debiti pubblici si dovessero sommare quelli privati: sicuramente Francia e Germania dovrebbero cominciare a fare i conti con rating decisamente meno generosi, visti i livelli di debito delle loro famiglie. E i mercati sarebbero costretti a rifare la graduatoria degli spread. Giulio Tremonti, nel gennaio 2011, provò a proporre la modifica della famigerata regola del Patto che, nel misurare lo stato di salute di un Paese, ammette i soli debiti pubblici, ed era quasi riuscito nell'impresa. Ma due partner più di altri si opposero, e guarda caso si trattò di Francia e Germania.
Sicché il 5 agosto di quell'anno Mario Draghi e Jean-Claude Trichet, l'uno governatore della Banca d'Italia l'altro presidente della Bce, ebbero buon gioco a inviare una certa letterina all'allora governo Berlusconi che metteva il sigillo definitivo alla residua credibilità dell'Italia. Il resto è storia più o meno nota.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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