Latina, torna libera ma attacca un'altra donna: nigeriana in carcere

Dopo un solo giorno dal processo la nuova violenza in centro: il tribunale ora la manda in carcere

Latina, torna libera ma attacca un'altra donna: nigeriana in carcere

Era balzata agli "onori" della cronaca dopo aver aggredito una dipendente del pronto soccorso del Santa Maria Goretti di Latina durante lo scorso venerdì 9 agosto.

La responsabile, una nigeriana di 28 anni, si era avventata senza alcuna ragione contro l'inserviente e, dopo averla spinta con forza contro un'inferriata, l'aveva letteralmente pestata, colpendola con dei forti pugni in pieno volto.

Assistita all'interno del medesimo ospedale presso cui presta servizio, la donna aveva ricevuto una prognosi di 30 giorni, a causa delle serie lesioni riportate. Oltre questo episodio in particolare, tra l'altro, l'africana aveva opposto una strenua resistenza ai carabinieri del nucleo operativo radiomobile di Latina intervenuti sul posto dopo le segnalazioni ricevute.

La violenza gratuita dimostrata durante l'aggressione e quella emersa nelle fasi di arresto, tuttavia, non avevano convinto il giudice ad andare oltre un semplice obbligo di firma come misura restrittiva per la 28enne. L'accusa rivoltale prima del giudizio direttissimo era quella di lesioni personali aggravate, resistenza e violenza a pubblico ufficiale.

Dopo solo un giorno dal processo, la nigeriana è stata nuovamente fermata, per aver aggredito e tentato di rapinare una donna nel centro di Latina. Come raccontato dalla stampa locale, la 28enne si è scagliata contro una keniota ed ha tentato di strapparle dal collo una catenina d'oro.

Sul posto sono intervenuti carabinieri ed operatori del 118, i quali hanno sottoposto a sedazione la 28enne, in evidente stato confusionale. La nigeriana, con problemi psichici già evidenti in passato, è finita in ospedale per un tso.

A seguito della nuova aggressione la misura cautelare dell'obbligo di firma è stata sostituita da quella del carcere. Dimessa dal Santa Maria Goretti, è finita quindi dietro le sbarre della casa circondariale di Rebibbia a Roma.

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