A Lecco si fa in tempo a morire prima di riuscire ad asportare un neo potenzialmente maligno. Ben due anni di attesa per la rimozione del tumore. Come riportato da Il Giorno, questo è quanto avvenuto a una signora di 67 anni che si è rivolta all’ospedale Manzoni di Lecco. La paziente, in precedenza sottoposta a una tracheostomia per un cancro alla gola, lo scorso 26 novembre aveva preso appuntamento da un dermatologo perché in ansia dopo aver notato l’ingrossamento di un “un nevo melanocito femorale laterale sinistro” , ossia una lesione cutanea iperpigmentata sulla coscia sinistra di natura benigna. Questa potrebbe però, tuttavia, evolvere in una forma maligna. Meglio quindi prevenire. Questo almeno il parere dello specialista che l’ha visitata e che le ha prescritto l’asportazione del neo in questione.
A Lecco 2 anni di attesa per asportare un neo
Quando però la donna è andata allo sportello per prenotare la piccola operazione chirurgica ambulatoriale, ha avuto una brutta sorpresa: il primo appuntamento era infatti per il 14 ottobre 2021. Quasi due anni dopo la richiesta. Per l’esattezza 22 mesi e 18 giorni. Non proprio una bazzecola per una persona che ha giustamente timore delle conseguenze di una così lunga attesa. Considerando anche il fatto che la paziente sta già vivendo con un tumore a livello laringeo e che respira grazie a una tracheotomia, l’incisione chirurgica della trachea. In effetti lo specialista l’aveva avvertita che i tempi sarebbero stati lunghi, ma la 67enne mai avrebbe potuto immaginare così lunghi. Sul referto infatti si legge: “Si avvisa dei prolungati tempi di attesa e della necessità di monitorare la lesione”.
La paziente deve monitorare la situazione
Già, monitorare la lesione. Ovvero controllarla giorno per giorno, guardare se muta di aspetto, dimensioni, colore. A ogni dubbio rivolgersi al reparto di Dermatologia. Si può solo immaginare come possa una persona normale, senza una laurea in medicina, affrontare una cosa simile. Passare magari la giornata a controllare il neo con l’aiuto di una lente di ingrandimento e coinvolgere magari anche i parenti nell’esame clinico fatto tra le mura di casa.
Francesco Scorzelli, 62enne sindacalista della Rsu dell’Asst provinciale lecchese tra le fila dell’Usb e coordinatore infermieristico al San Leopoldo Mandic di Merate, ha preso in mano la situazione e ha denunciato l’intera vicenda, a suo parere di una gravità inaudita.
Scorzelli ha inoltre sottolineato che, a quanto risulta, “la Dermatologia dell’Asst lecchese gode di cinque medici compreso il primario, più di altri quattro consulenti specialisti a Lecco e di uno a Merate, mentre al Niguarda di Milano i dermatologi in servizio sono due”. Adesso i responsabili della sanità locale stanno controllando quanto denunciato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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