La "legge" del guanxi che fa la fortuna della mala cinese

La degenerazione del principio del "network sociale" secondo la Dia garantisce alle consorterie asiatiche: "Una rete di benefici che ne connota la mafiosità"

La "legge" del guanxi che fa la fortuna della mala cinese

Si sono leggi ferree che regolano la vita delle comunità. Anche di quelle criminali. Per le triadi, la malavita cinese, una delle regole auree è quella del guanxi.

Si tratta di un principio che non è criminogeno in sé, tutt’altro. Il guanxi rappresenta il complesso di obblighi, doveri e opportunità che discendono dal proprio “giro” di conoscenze, di frequentazioni e di rapporti umani. In chiave neutra, è uno dei capisaldi della cultura asiatica che ricollega un valore decisivo agli impegni amicali che si assumono.

È nella sua degenerazione, quando le potenzialità della “rete” vengono vissute e gestite con intenti delinquenziali, che si nasconde uno dei punti di forza della criminalità cinese.

Secondo quanto si legge nella Relazione semestrale della Dia, il “guanxi” rappresenta una delle risorse più importanti in seno alle organizzazioni malavitose asiatiche. Stando alle rilevazioni investigative dell’antimafia, in mano alle triadi il guanxi si traduce come “una rete assistenzialistica che assicura benefici e servizi e che, accrescendo il livello di omertà, contribuisce a connotare di mafiosità il contesto criminale in esame”.

Un aspetto, questo della “mafiosità” che ritorna anche nell’analisi dell'organizzazione che queste consorterie criminali si sono date nel corso del tempo: “La criminalità cinese – riporta la Relazione Dia – ha adottato dei

modelli delinquenziali gerarchicamente strutturati, caratterizzati da una fitta rete di rapporti ramificati sul territorio, a loro volta basati su relazioni che poggiano essenzialmente su un legame familiare-solidaristico”.

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