"Da qui non passano". Le porte della cosiddetta rotta balcanica sono chiuse, dopo che centinaia di migliaia di migranti lo scorso anno l'hanno percorsa mentre viaggiavano verso i Paesi del centro e nord Europa. Da febbraio di quest'anno, le nazioni attraversate dalla rotta balcanica controllano le frontiere con i Paesi vicini e permettono a pochissimi richiedenti asilo di entrare nei loro territori nazionali. Tuttavia, nessuno di essi ha adottato leggi o preso posizioni dure quanto l'Ungheria, dove domenica 2 ottobre si terrà il referendum sull'accoglienza dei richiedenti asilo secondo le quote decise dall'Unione europea.
L'Austria, luogo dove termina la rotta balcanica e inizia la 'terra promessa' per chi fugge da zone di guerra come Siria, Iraq o Afghanistan, ha proposto di accettare quest'anno 37.500 richiedenti asilo. La politica austriaca include la restituzione dei profughi ai Paesi da cui sono entrati nei suoi confini, soprattutto Ungheria, Slovenia e Croazia. Il governo sloveno respinge l'idea dei trasferimenti massicci da parte dell'Austria, nonostante le regole comunitarie. Allo stesso tempo, è contrario ai passaggi nel suo territorio, come accaduto lo scorso anno quando centinaia di migliaia di persone l'hanno percorso mentre viaggiavano verso la Germania e l'Austria. Perciò, la Slovenia ha aumentato i controlli alle frontiere, soprattutto con la Croazia, l'unico dei Paesi confinanti fuori dalla zona Schengen.
Secondo i dati più recenti del ministero dell'Interno croato, l'Austria ha iniziato il processo per riconsegnare circa 1.800 profughi al Paese balcanico. In totale, Zagabria affronterà la restituzione di circa 3.500 migranti da diversi Paesi, soprattutto dall'Austria ma anche da Svezia, Svizzera e Slovenia. Nonostante queste richieste, la Croazia resta nei Balcani la destinazione con minor affluenza di migranti, grazie al ferreo controllo della sua frontiera con la Serbia. Nell'ottobre scorso, ancora transitavano ogni giorno all'interno dei suoi confini tra 4mila e 10mila profughi, un flusso che a febbraio ha iniziato a diminuire e che in estate si è praticamente azzerato.
L'Ungheria, la nazione più fortemente contraria e restrittiva nei confronti dei migranti, continua da luglio ad applicare la controversa legge che permette l'espulsione diretta di qualsiasi profugo intercettato dalle autorità in una fascia di otto chilometri all'interno della sua frontiera. Quelli destinati all'espulsione vengono portati in una 'terra di nessuno' oltre la frontiera, definita dal filo spinato, con la Serbia e la Croazia. In quella zona, in condizioni precarie, i profughi devono attendere giorni o settimane di ricevere l'autorizzazione all'ingresso.
Dopo l'introduzione di questa misura, il governo guidato dal nazionalista conservatore Viktor Orban ha registrato questo mese tra zero e 28 ingressi illegali, mentre erano stati tra mille e 10mila nel settembre dello scorso anno. Anche la cifra di richiedenti asilo è calata drasticamente: 25mila richieste quest'anno, rispetto alle 170mila dello scorso anno. Quasi tutte queste persone erano in viaggio verso l'Europa centrale.
In Serbia, intanto, nei centri di accoglienza del Paese si trovano circa 7mila migranti, 2mila in più rispetto a due settimane fa, secondo le autorità.
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