I due italiani sequestrati in Libia insieme a un cittadino canadese il 19 settembre scorso sarebbero nelle mani di un gruppo guidato da un algerino legato ad al Qaeda nel Maghreb islamico che avrebbe chiesto un riscatto di 4 milioni di euro.
Lo riferisce il sito web Middle East Eye in base a informazioni ottenute dai servizi segreti algerini. Bruno Cacace, 56 anni, e Danilo Calonego, 68, erano stati rapiti insieme a un collega canadese nei pressi di Ghat, nel sud della Libia. Tutti e tre lavoravano per la società italiana Contratti Internazionali Costruzioni all'aeroporto di Ghat.
Le fonti consultate da Middle East Eye sostengono che, sebbene nella zona sia molto attiva l'organizzazione di al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), i sequestratori avrebbero agito per proprio conto. "Il gruppo dei rapitori - aggiungono le fonti - è formato da libici e algerini ed è guidato da un uomo algerino. Il suo nome è Abdellah Belakahal". Le fonti dei servizi segreti algerini aggiungono che il gruppo di Belakahal avrebbe minacciato di consegnare gli ostaggi ad Aqmi o a una cellula dello Stato islamico se il riscatto non viene pagato.
Oltre al riscatto, i rapitori avrebbero chiesto la scarcerazione di due prigionieri, tra i quali il fratello di Belakahal, in carcere per traffico di armi.
Nei giorni scorsi il colonnello Ahmed al Mismari, portavoce delle forze armate libiche legate al maresciallo Khalifa Haftar, aveva detto che "i due italiani rapiti nel sud-ovest della Libia sono stati sequestrati da una banda criminale e dietro c'è l'impronta di al Qaeda". Una squadra di investigatori italiani è stata inviata a Ghat, nella regione del Fezzan, per indagare sul rapimento.
Secondo quanto riferiscono fonti della sicurezza locale citate dal sito
informativo libico al Wasat, gli investigatori italiani sarebbero "rimasti sorpresi per la scarsa importanza data dalle autorità libiche al caso del sequestro dei tre stranieri" che lavoravano all'aeroporto locale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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