Tra lockdown e diritti umani: ora la Chiesa si interroga

La Chiesa riflette su una eventuale ulteriore lockdown. La fiducia in Draghi resta alta, ma sulle chiusure c'è un richiamo al rispetto dei "diritti umani"

Tra lockdown e diritti umani: ora la Chiesa si interroga

Il dibattito sulla possibilità di continui lockdown coinvolge anche la Chiesa cattolica. Libertà e tutela della salute pubblica devono essere presi in considerazione entrambi: gli argomenti sono più o meno sempre gli stessi. Dall'inizio della pandemia, non si fa che dibattere dei confini dell'una e dell'altra sfera dei diritti, con ricette che a volte sono state diverse, a seconda dello Stato di riferimento. Ci si ricorderà, ad esempio, del caso svedese o della dialettica nata attorno alla prima strategia di Boris Johnson. Sono state circostanze in cui si è sottolineata pure la diversità d'atteggiamento tra nazioni cosidette "protestanti" e nazioni "cattoliche".

In questi giorni la pandemia sembra non lasciare scampo agli ottimisti. Qualche settimana fa è intervenuto Paul Richard Gallagher, che in Vaticano ricopre l'importante incarico di segretario per i Rapporti con gli Stati. Non un chierico qualunque, insomma. Bene, Gallagher - come ripercorso peraltro da La Verità - ha tuonato, senza badare troppo ai formalismi: "Pur riconoscendo il valore e la necessità di alcune misure imposte dalle autorità locali - ha premesso l'esponente della Santa Sede - la mia delegazione desidera far notare come alcune di tali misure colpiscano anche il libero esercizio di numerosi diritti umani". E ancora: "Qualsiasi limitazione all'esercizio dei diritti umani al fine di tutelare la salute pubblica deve nascere da una situazione di stretta necessità. Le limitazioni devono essere proporzionate alla situazione, applicate in maniera non discriminatoria e attuate solo in mancanza di altri mezzi". La parola chiave del ragionamento è proprio proporzione. Del resto, cosa sarebbe stata la pandemia da SarsCov2 se il cattolicesimo e la Chiesa non avessero fatto della difesa della vita un baluardo imprenscindibile?

Il Vaticano è stato chiaro in merito. Papa Francesco ha peraltro adottato le medesime regole dello Stato italiano durante la prima fase pandemica, che è stata quella dove le chiusure hanno monopolizzato la ricetta per tamponare la tragedia in corso. Anche padre Ariel Levi di Gualdo non ha troppi dubbi sulla necessità di limitare la vita delle persone quando serve: "Sul lockdown - esordisce il consacrato - ho scritto un libro con i miei confratelli Ivano Liguori, cappuccino, Gabriele Giordano M. Scardocci, domenicano: "La Chiesa e il coronavirus". In quei mesi di chiusura - continua l'ecclesiastico - abbiamo fatto corretta informazione ecclesiale sulla nostra rivista L’Isola di Patmos e difeso l’episcopato dalle polemiche scatenate da certi “cattolici per hobby” sui social media dopo la sospensione della celebrazione pubblica delle Sante Messe, cercando di far capire che i vescovi avevano agito così per "senso di responsabilità verso il genere umano", memori che anche le nostre chiese, frequentate perlopiù da anziani, avrebbero potuto essere centri e veicoli di contagi". Qualche problema c'è stato, insomma, ma la Chiesa ha risposto, facendo capire l'importanza di rispettare le regole. E adesso?

La questione della salute pubblica è - come premesso - al centro della storia del cristianesimo, che non intende retrocedere sul punto: "La quasi totalità degli ospedali storici sono dedicati a Santi perché fondati dalla Chiesa sul modello di Cristo che curava anime e corpi, a dimostrazione che per noi la salute non è secondaria. In caso di reale pericolo - continua padre Ariel - nessun soggettivo ed emotivo "diritto alla fede" può prevalere su quello alla salute pubblica, perché alla base della fede c’è il dono della vita di cui Dio è Signore". A questo punto del ragionamento, forse, si intravede un po' di polemica nei confronti di quei cattolici che rivendicano il diritto alla Messa in ogni circostanza in quanto "emergenza spirituale". Infatti padre Ariel Levi di Gualdo ricorda bene cosa è accaduto un anno fa: "Nessuno ha messo a rischio la libertà della Chiesa, come hanno affermato sui social media incompetenti “cattolici per hobby” lamentando che si poteva andare al supermarket a fare la spesa ma non in chiesa alla Messa. Paragonare a questo modo beni materiali ad azioni soprannaturali della grazia sacramentale equivale a enunciare un assurdo che farebbe perdere le staffe a tutti i Santi padri e dottori della Chiesa". Non c'è spazio, quindi, per intepretazioni aperturiste.

Ora però sembra che stia per iniziare una fase nuova. Il governo presieduto da Mario Draghi sta procedendo verso l'accelerata sulle vaccinazioni di massa. Le statistiche di questi giorni tuttavia non escludono ulteriori chiusure. L'ecclesiastico che ilGiornale.it ha interpellato sul tema distribuisce consigli: "È necessario guidare la popolazione ad acquisire la piena consapevolezza del reale stato di rischio, abbandonando sia il pessimismo catastrofico sia il surreale ottimismo alla “andrà tutto bene”. Siamo davanti a un virus che ancora non conosciamo e che sta mutando. Nessuno può dare veloci risposte e non possiamo seguitare neppure con misure straordinarie per coprire la mancanza di mascherine, le terapie intensive al collasso e via a seguire". E sul governo? "È necessario capire come si possano evitare i picchi, i possibili luoghi e tempi di rischio-contagio. Quello formato dal Prof. Mario Draghi è un governo di emergenza che dovrà affrontare la crisi sanitaria e quella economica. Finanziamenti o ristori non possono durare a lungo, come il “reddito grillino” di cittadinanza. Fino a oggi abbiamo dovuto subire, tra monopattini e biciclette, le trovate dei dilettanti allo sbaraglio partoriti da un comico affetto da deliri paranoici che ha mietuto voti promettendo il paese di bengodi". Un giudizio netto, dunque, tanto sul da farsi quanto sulle politiche adottate dal Conte bis.

La speranza, anche negli ambienti ecclesiastici, verte sulla discontinuità: "Adesso è arrivato un chirurgo che dovrà incidere col bisturi e non potrà avere paura del sangue, perché

se dinanzi a esso si intenerisse farebbe molto male all’Italia e agli italiani. E che la Vergine Maria interceda per noi!", chiosa padre Ariel, che come buona parte della Chiesa confida in Draghi e nelle sue misure.

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