Maxi sequestro di beni a imprenditori legati in qualche modo alla mafia. Nel mirino della Direzione investigativa antimafia beni immobili e mobili, rapporti bancari e imprese per oltre un miliardo e 600 milioni di euro, riconducibili ai fratelli Carmelo, Vincenzo, Anna e Francesco Virga, imprenditori originari della provincia di Palermo. Per valore complessivo è uno dei sequestri più ingenti mai operati. Il provvedimento trae origine da complesse indagini economico-patrimoniali che hanno evidenziato come i Virga abbiano beneficiato del determinante appoggio di Cosa nostra per l’aggiudicazione di lavori e di appalti pubblici nel settore dell’edilizia. Gli stessi, appartenenti alla famiglia mafiosa di Marineo, legata al mandamento di Corleone, sarebbero riusciti, nel tempo, a sviluppare e a imporre il loro "gruppo imprenditoriale" anche attraverso il cosiddetto "metodo Siino", consistente nell’organizzazione di "cartelli" tra imprenditori, per l’aggiudicazione pilotata degli appalti pubblici.
L'operazione ha permesso agli inquirenti di smascherare il tentativo della mafia di diventare antimafia per restare sostanzialmente Cosa nostra. "I Virga a un certo punto - ha spiegato il colonnello Riccardo Sciuto, dirigente della Dia di Palermo - hanno ritenuto di avvicinarsi alle associazioni antiracket, denunciando qualche episodio estorsivo". E si sono anche costituiti parte civile a un processo: "Si è trattata di una vera e propria strategia - ha aggiunto - un tentativo messo in atto probabilmente per affrancarsi dalle indagini sul loro conto". E per salvare "un patrimonio accumulato ingiustificabile. Stiamo parlando di un miliardo e seicento milioni, una stima prudenziale tra cui tre trust, circa 800 immobili tra ville, opicifici, automezzi di ogni genere". Gli imprenditori si erano avvicinati alle associazioni antiracket Libero Futuro e Addio Pizzo. Gaetano Virga in questi ultimi anni aveva presentato numerose denunce contro il racket delle estorsioni. Le sue testimonianze avevano consentito anche di arrestare cinque persone ritenute capimafia ed esattori di Misilmeri.
Gli investigatori hanno anche scoperto una altra mossa strategica per certi versi innovativa. Per occultare gran parte dei patrimoni gli imprenditori di Marineo avrebbero infatti dirottato su 3 "trust" una ingente parte dei beni a loro originarimante intestati: "Ad amministrare i tre trust - ha detto Lusi - era comunque il loro commercialista, il palermitano Francesco Maria Rappa". Di certo "quello di oggi eseguito nei confronti della famiglia Virga è certamente uno dei più ingenti sequestri mai effettuato nella storia ventennale della Dia, se non uno dei più grossi nel nostro Paese. Un provvedimento frutto di una lunga, articolata e complessa indagine che si è chiusa a maggio scorso: immobili, decine e decine di conti correnti, automezzi e per un valore che si aggira a circa un miliardo e seicento milioni. Una somma enorme per un nucleo familiare che fino a 30 anni fa aveva al suo interno carpentieri, manovali, casalinghe", ha detto il generale Adelmo Lusi, vice direttore operativo della Dia.
I Virga - Carmelo (66 anni), Vincenzo (78 anni), Anna (76 anni), Francesco (71 nni), e Rosa (68 anni) - con le loro imprese, una trentina poste sotto sequestro, avrebbero partecipato, da sempre, alla spartizione degli appalti pubblici, attraverso il cosiddetto "sistema Siino", raccogliendo un patrimonio "vastissimo" grazie all’accordo con Cosa nostra e a uomini vicini a Totò Riina.
Da braccianti a imprenditori, la scalata dei Virga
Negli anni Ottanta la famiglia Virga di Marineo era composta da braccianti agricoli, allevatori e casalinghe.
Dopo 35 anni, secondo quanto ricostruito dagli uomini della Dia, grazie ai rapporti con la cosca di Totò Riina e Bernardo Provenzano, i Virga hanno accumulato un fortuna. Un impero fatto di 33 aziende prevalentemente nel settore calcestruzzi, 700 tra case, ville e immobili, 80 rapporti bancari, 40 assicurativi e oltre 40 mezzi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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